AK’VOH
È una antica tradizione klingon in cui, dopo che un guerriero muore in battaglia, i suoi compagni rimangono con il corpo per tenere lontani i predatori, un atto che permette allo spirito di lasciare il corpo quando è pronto per il lungo viaggio verso lo Sto-vo-kor.
Durante il 24° secolo il corpo morto del klingon viene considerato senza scopo o valore. Un guscio vuoto. Forse è proprio per questo che l’Ak’voh viene considerato un’antica tradizione.
Forse riflette una precedente concezione del viaggio verso lo Sto-vo-kor, che, sebbene probabilmente non più comunemente praticato, alcuni klingon conoscono grazie ai loro studi sull’antica cultura klingon.
Nel 2373, il tenente comandante Worf e il capo Miles O’Brien eseguirono l’Ak’voh per il membro dell’equipaggio Enrique Muniz, morto in combattimento con i Jem’Hadar.
(DS9: “The Ship”)
RITUALE DI MORTE KLINGON
Il rituale di morte dei Klingon è un rito Klingon eseguito durante, o direttamente dopo, la morte di un guerriero.
Il Rituale prevede l’apertura degli occhi dell’individuo morente, poi si urla ad alta voce tirando su la testa verso il cielo.
L’urlo serve da avvertimento per i morti presenti nello Sto-vo-kor:
“Attenzione, un guerriero klingon sta per arrivare”.
Una volta completato il Rituale, il corpo non viene più considerato perché, senza lo spirito del guerriero, il semplice corpo è considerato “solo un guscio vuoto” che deve essere trattato come tale.
È estremamente raro per i non-Klingon assistere al rituale di morte dei Klingon.
Non sempre il rituale contempla l’apertura degli occhi del defunto, Worf non eseguì questa pratica alla morte di K’Ehleyr e Jadzia Dax; nessuno dei Klingon a bordo di Kronos One ha eseguito il rituale per Gorkon in Star Trek VI: The Undiscovered Country; nessuno dei compagni di Duras sembrava eseguire il rituale per Duras in “Reunion” (né lo faceva Worf, sebbene potrebbe non aver considerato Duras degno di un tale rituale); e Kor non ha eseguito il rituale né per Koloth né per Kang in “Blood Oath”, eseguendo invece un lamento funebre.
Quello che sappiamo per certo è che non sempre i Klingon hanno dato poca importanza al corpo del defunto.
Ritrovamenti di glifi di mummificazione indicherebbero che ad un certo punto nel passato i Klingon abbiano mummificato i loro morti.
T’Kuvma e i suoi seguaci seguirono questa pratica o una simile ad essa (aprire gli occhi e urlare) ma preservando i corpi dei loro morti e mettendoli in sarcofagi sulla superficie della nave Sarcofago.
E’ probabile che il rito sia cambiato nel corso dei secoli oppure che ogni regione e o Casato segua dei propri rituali.
Se un individuo muore in un modo che non garantisce l’ingresso nello Sto-vo-kor, i suoi parenti possono combattere una grande battaglia nel nome del defunto; una vittoria onorevole gli permetterà di entrare nello Sto-vo-kor.
IL RITO DI MAJQA
È un rituale klingon che prevede lunghe meditazioni nelle Grotte di No’Mat, una serie di caverne di lava nell’emisfero sud di Qo’noS.
In quel luogo una prolungata esposizione al calore porta ad allucinazioni.
Il rituale viene generalmente affrontato per la prima volta in giovane età. Il partecipante al rituale cerca di avere una visione del suo passato o futuro.
Le visioni sulla propria famiglia vengono considerate particolarmente potenti e importanti.
Molte volte queste visioni determinano le scelte del klingon che le ha sperimentate.
Ad esempio, Worf prese la decisione di arruolarsi nella Flotta Stellare dopo aver compiuto il rito MajQa in cui una visione di Kahless gli disse che lui avrebbe fatto qualcosa che nessun klingon aveva mai fatto prima. E in effetti nessuno klingon, fino a quel momento, si era mai arruolato nella Flotta.
agg. 9/08/2022
Tutto il testo è disponibile sotto i termini di Licenza Creative Commons BY-NC
Credits di questa sezione Memory Alpha - Copyright e Italian KlinZha Society
Traduzione e adattamento: Italian KlinZha Society