Wonder Woman, film

Wonder Woman, film

Titolo originale: Wonder Woman

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2017
Durata: 141 min
Regia: Patty Jenkins
Sceneggiatura: Allan Heinberg
Produttore: Zack Snyder, Deborah Snyder, Richard Suckle, Charles Roven
Casa di prod.: Warner Bros. Pictures, Cruel and Unusual Films, DC Entertainment, Dune Entertainment, Atlas Entertainment, Tencent Pictures, Wanda Pictures
Distrib. (Italia): Warner Bros. Pictures

Interpreti e personaggi

Gal Gadot: Diana Prince / Wonder Woman
Chris Pine: Steve Trevor
Robin Wright: Generale Antiope
David Thewlis: Ares / Sir Patrick Morgan
Danny Huston: Gen. Erich Ludendorff
Elena Anaya: Isabel Maru / Dottor Poison

 

Connie Nielsen: Regina Ippolita
Lucy Davis: Etta Candy
Saïd Taghmaoui: Sameer
Ewen Bremner: Charlie
Eugene Brave Rock: Il Capo
Lisa Loven Kongsli: Menalippe

di Tiziana Privitera

Il primo giudizio che mi viene in mente pensando a Wonder Woman è che è un bel film, che supera egregiamente il debutto cinematografico di questa supereroina targata DC. Chi, come me, è però cresciuto con l’icona Lynda Carter e si appresta a vedere questa Wonder Woman deve assolutamente scindere le due incarnazioni, altrimenti si corre il rischio di non “comprendere” il personaggio cinematografico e di non riuscire ad apprezzarne la storia.
Nel contesto del film infatti la Wonder Woman che tutti noi probabilmente abbiamo in mente è ancora in via di formazione (del resto veniva presentata così nella prima stagione della serie televisiva che qui in Italia è rimasta inedita fino al 2012 offuscando in pratica la genesi del personaggio); il suo nome da supereroina infatti non viene pronunciato neppure una volta ed anche il costume non è quello “a stelle e strisce” da sempre associato alla bandiera americana.
Detto questo il film è un misto di ironia e potenza visiva che ben si equilibrano. Diana alla scoperta del mondo al di fuori della sua isola ed i tentativi di adattarsi alla vita dei comuni mortali sono a tratti esilaranti, così come di sicuro impatto scenico sono le scene di lotta, dagli allenamenti delle amazzoni, alle battaglie contro le truppe naziste, fino allo scontro titanico con Ares (che magari scegliere un attore un po’ più cazzuto e meno stile nonno per poi vestirlo con un’armatura che neanche i Cavalieri dello Zodiaco, forse avrebbe giovato, ma va bè…).
E poi c’è lei! Gal Gadot è assolutamente perfetta, magistrale in qualsiasi scena, dialogo, o combattimento; assolutamente credibile sia come Diana Prince, sia come Wonder Woman. Anche il generalmente sciupafemmine Chris Pine se la cava bene come spalla della supereroina ed è anche per questo ribaltamento dei ruoli maschio/femmina, per altro con un’alchimia ben riuscita e mai artificiosa, che il film regge.
In conclusione Wonder Woman è un bel film, da vedere e che fa ben sperare per futuri sequel e/o apparizioni della nostra supereroina nel mondo della, per ora in effetti un po’ maschilista, DC Comics cinematografica. •

pubblicato su Fantazone n° 36 – agosto 2017

Wild Cards, le origini

Wild Cards, le origini

Titolo originale:
Wild Cards

Lingua originale: inglese
1° ed ORIGINALE.: 1987
1° ed. ITALIANA : 2010
Autore: AA.VV, a cura di George R. R. Martin
Editore IT: Rizzoli, Mondadori

di Gabriele Manenti

“Wild Cards” è il primo libro di una serie fantascientifica curata da George R. R. Martin che, grazie ad altri autori negli anni successivi alla prima uscita, si è andata via via arricchendo.
Si tratta di una serie piuttosto originale; pur essendo ambientata, infatti, in un unico contesto, prevede che quasi ogni libro sia scritto da più autori contemporaneamente. Le storie vengono sviluppate nel corso di un solo volume oppure sviluppate ed intrecciate con altre storie su più volumi. In alcuni casi ci sono più autori che narrano una unica storia, a volte come un insieme di racconti. Il primo libro “Wild Cards. L’Origine”, che fa parte di un arco narrativo che si sviluppa in 3 volumi, contiene le vicende che illustrano il contesto in cui si svolge la tutta la narrazione, vi è una introduzione dei personaggi e si avviano le storyline che si svilupperanno nei libri seguenti.
Il contesto è quello dell’immediato dopo guerra (seconda guerra mondiale) dove un’astronave aliena atterra sulla terra con un ambasciatore di pace che annuncia una catastrofe imminente, il rilascio di un virus particolare da parte di suoi concittadini nell’ambito di un enorme esperimento dove gli umani sono delle semplici cavie. Come da copione il gas venefico viene rilasciato e riscrive totalmente il DNA umano con conseguenze catastrofiche e non… molti esseri umani vengono uccisi, altri rimangono tremendamente sfigurati e una piccola minoranza riceve in dono dei super poteri che in questo mondo alternativo contribuiscono a formare soldati, attori e celebrità varie.
Ci sono anche ampi riferimenti a personaggi reali o reali-ma-alternativi (McCarthy, Kennedy, Nixon, Fidel Castro, Mick Jagger, Jimmy Carter, George W. Bush e altri).
“Wild Cards. L’Origine” può essere considerato come una sorta di antologia introduttiva che copre il periodo che va dalla diffusione del Virus Wild Card, il 1946, ai primi anni ’80.. •

pubblicato su Fantazone n° 17 – marzo 2011

Star Trek: Discovery – 4×07

Star Trek: Discovery – 4×07

di Alessio Candeloro

Discovery 4×07
Eccomi a voi con la recensione dell’episodio 4×07 “…but to connect”
Questo è stato un episodio senza il minimo di azione. Nessun siluro, nessun phaser, nessun combattimento. Ma, devo dirvi la verità, credo sia andata bene così.
Nella sua semplicità abbiamo due trame complesse dal punto di vista etico ed emotivo. So che ad alcuni di voi puntate del genere fanno storcere il naso e pensate che in questa serie, e soprattutto in questa stagione, si dia molta o troppa importanza alle emozioni. Specie in momenti “sbagliati” della puntata.
Quella di ieri l’ho trovata invece molto equilibrata e, in alcuni momenti, con le due trame che potevano essere tranquillamente essere sovrapposte tanto fossero connesse. Forse era proprio questo il senso del titolo.
Da una parte abbiamo una riunione, forse “La riunione” per eccellenza. Rappresentati provenienti da tutti i quadranti (Alfa, Beta, Gamma e Delta) per decidere tutti insieme cosa fare vista la minaccia della A.M.O. Devo dire che la mancanza di alcune specie aliene fondamentali della storia di Star Trek si nota. Non si vedono, per citarne alcune, Fondatori, Klingon, Kazon, Talassiani, Sulibani, Denobulani e, perché no, Borg. E si notano specie di cui non sappiamo nulla. Mai visti prima in Star Trek. Sarebbe stato bello introdurli durante la terza e quarta stagione, avere un po’ di notizie su di loro e il loro background e capire la loro presenza lì in quel momento.
Durante il dibattito, in pratica, si formano due correnti. Una che vuole un attacco preventivo contro la specie sconosciuta 10c (catalogazione della Flotta Stellare per i costruttori dell’Anomalia), l’altra che, una volta scoperte le coordinate di origine, aprire contatti diplomatici per capire come mai hanno creato e inviato nella nostra galassia questa Anomalia.
Come era già chiaro da un paio di episodi, troviamo sui fronti opposti Burnham e Book. Lei vorrebbe il dialogo e lui vorrebbe, beh diciamo, distruggerli, annientarli, farli soffrire come ha sofferto lui.
Tra i vari delegati invitati alla riunione ci sono gli Alshain (gli alieni farfalla), i Ferengi, una femmina cardassiana e, con molto piacere, ritroviamo l’ufficiale delle forze di difesa della Terra Unita, Ndoye, che è stata promossa al grado di Generale ed è il rappresentante del nostro pianeta. La presidente Rillak vorrebbe che, come Ni’Var, anche la Terra rientri nella Federazione ma sembra che la Terra Unita ancora sia restia a tornare nell’alleanza interplanetaria.
Alla fine di tutti i discorsi, gli interventi dei vari delegati e i commenti dei partecipanti, Book prende la parola e chiede l’attacco in ricordo di tutti quelli che, finora, hanno perso la vita. Come tutti gli abitanti del suo pianeta.
Burnham, invece, chiede all’assemblea una lungimiranza di propositi. Cercare di capire chi e perché ha creato l’A.M.O. ed evitare una guerra che, visto il livello tecnologico della specie 10c, potrebbe portare ad una disfatta terribile per gli abitanti della nostra galassia.
In tutto questo calderone di opinioni dobbiamo aggiungere che Tarka stuzzica i più bellicosi con un dispositivo isolitico che distruggerebbe l’anomalia preservandone la fonte di energia. Come gli ricorda Rillak, le armi isolitiche sono bandite fin dagli accordi di Khitomer (quindi gli accordi sono ancora validi dopo più di 800 anni) perché distruggono letteralmente il subspazio e in quella zona di spazio non sarebbe più possibile usare la curvatura. Contando il fatto che l’A.M.O. ha una grandezza di 5 anni luce, direi che forse non sarebbe saggio usare l’arma di Tarka.
Comunque, i delegati votano e passa la linea diplomatica di Burnham. Book ovviamente ci resta male e, in un colloquio con Tarka, scopriamo che il risiano è in realtà originario di un altro universo. Arrivato qui con un amico ma separati ad un certo punto. Book ipotizza dello Specchio, ma dalle parole di Tarka, capiamo, o ci fa intendere, che lui provenga da un universo dove regna la pace e dove non c’è stato il “The Burn”, il che dovrebbe escludere lo Specchio. Se Tarka dice la verità ovviamente.
Sulla Discovery, invece, c’è un’altra riunione. Qui troviamo Kovich, Culber, Stamets, Saru, Adira e Gray. All’inizio Kovich parla con Burnham chiedendole se Zora, che ha scoperto le coordinate della specie 10c ma che non vuole condividerle per proteggere la nave e l’equipaggio, è un rischio e se il capitano ne ha il controllo. Lei cerca di rassicurarlo ma lui, per tutta risposta, dice che dovrà essere lui a giudicare e manda il capitano alla riunione interplanetaria.
Bellissimi, secondo me, gli scambi tra i membri dell’equipaggio, Kovich e la stessa Zora. Scopriamo che la flotta ha un regolamento che vieta l’integrazione di I.A. completamente senzienti sulle navi stellari. Tutti i ragionamenti fatti ci portano a capire che Zora non è soltanto una I.A. senziente, ma una vera e propria nuova forma di vita. Capisce la diffidenza di Stamets dopo essersi rifiutata di condividere le coordinate. In pratica non ha eseguito un ordine del capitano. E se un giorno fosse in disaccordo con gli ordini della flotta? O se si spaventasse e lanciasse i siluri senza permesso? O se si arrabbiasse con l’equipaggio? Potrebbe uccidere tutti senza il minimo sforzo.
Tutte argomentazioni più che valide che, insieme ai pensieri della stessa I.A. rendono questo filone dell’episodio ben strutturato.
Ricordiamoci sempre che il punto finale di Zora lo avremo tra mille anni (a partire dal 3189) con l’episodio Short Trek “Calypso”. Lei che aspetta da mille anni il ritorno dell’equipaggio.
Zora comprende la sua stessa pericolosità e costruisce un congegno che consenta all’equipaggio di cancellare la sua esistenza dalla nave. Nave che sente come il suo corpo ed equipaggio che sente come la sua famiglia.
Stamets conferma che il congegno è vero e funziona. Quindi mi viene da pensare: “Quanti si sarebbero fidati e avrebbero dato lo strumento della propria morte a qualcun altro?”
Credo pochissimi. Io stesso non so se lo farei.
Stamets allora chiede a Zora reciproca fiducia. Siamo un equipaggio. È così che lavora la flotta stellare. Loro si fidano di lei (e probabilmente non dovranno mai usare il dispositivo di cancellazione) e lei, visto che l’equipaggio ha sempre difeso i principi e i cittadini della Federazione, deve fidarsi di loro dando le coordinate della specie 10c.
Dopo averci pensato un po’ sopra, Zora ammette di non aver ragionato in questi termini e accetta di condividere l’informazione.
Adesso abbiamo le coordinate.
Ma Stamets aggiunge un tassello in più per definire i diritti di Zora. Sentendola ragionare e capendo quanto ha a cuore la Federazione, la flotta e l’equipaggio della Discovery, parlando con Kovich viene definito che lei non è una semplice I.A. ma una nuova forma di vita quindi, le viene chiesto di unirsi alla flotta stellare. Lei accetta piena di gioia. In questo modo il regolamento della flotta sulle I.A. non si applica e lei dovrà seguire i regolamenti come qualsiasi membro dell’equipaggio. Qui forse avrei fatto un passo ulteriore. Perché non fornirle un corpo sintetico come Gray? Avrebbe risolto ancor meglio la situazione, ci sarebbe fisicamente un membro in più e si sarebbe colmato un po’ quel vuoto lasciato da Airiam nella seconda stagione.
Parlando di Gray, si illumina quando vede il pianeta Trill tra le immagini della coscienza di Zora e decide, spinto da Adira, a tornare sul suo pianeta per essere addestrato come Guardiano da Xi.
Book, invece, deluso dal risultato della votazione, viene convinto da Tarka ad andare al centro della A.M.O. per farla esplodere. Rubano il prototipo di nuovo motore a spore, lo interfacciano alla nave di Book e partono. Burnham si rende conto che qualcosa non va quando trova Ruggine nel suo alloggio e un messaggio olografico di Book. Quando raggiunge l’hangar navette il suo fidanzato e lo scienziato stanno ormai partendo.
Io capisco la voglia di vendetta di Book. Ma continuo a non fidarmi di Tarka. Sapevo che non diceva tutto. E infatti già abbiamo scoperto che è di un universo alternativo. Sarà vero? Nasconderà altro? Secondo me sì. Non sta raccontando tutto e il prezzo da pagare, per qualcuno, sarà più alto di quello che si crede.
Nel complesso posso dire che l’episodio mi è piaciuto molto. Le due trame all’interno della puntata, con i loro rispettivi dubbi etici e morali ci permette di vedere quanto entrambe le trame siano simili pur parlando di argomenti diversi. Quanto il trovare un punto comune, partendo da fazioni opposte, sia il vero fulcro del pensiero trek. A volte, bisogna ammetterlo, non sempre viene azzeccato il momento giusto dove inserire certi dialoghi in questa stagione, ma qui sono perfetti.
Il finale, anche se un po’ scontato, lascia i fan con la domanda giusta: “E ora?”. La quale è resa ancora più logorante visto che dovremo aspettare fino al prossimo 11 febbraio per vedere come proseguirà la stagione.
Quindi per ora è tutto.
Ci sentiamo al prossimo episodio a febbraio.
Star Trek: Discovery: 4×06

Star Trek: Discovery: 4×06

di Alessio Candeloro

Discovery 4×06
Eccomi a voi con la recensione dell’episodio 4×06 “Stormy Weather”.
Nel giorno di Natale ho visto l’episodio e devo dire che è stato proprio un bel regalo. Un episodio corale (continuo a dire che gli episodi fatti così rendono la puntata migliore) veramente stupendo e con una regia magistrale. Frakes non delude mai e gli episodi da lui diretti sono sempre 2-3 spanne sopra gli altri.
Ma veniamo al dunque. La puntata si apre con il botto. Oltre alla Voyager, viene anche citata l’Enterprise…l’Enterprise…l’Enterprise… cioè, mi sono venuti i brividi e, subito dopo, la voglia di vedere l’iconica nave in versione 32° secolo. A quale lettera saremo arrivati? Sappiamo che la 1701-J è del 26° secolo. Facendo due conti (in base alle altre Enterprise), le lettere dovrebbero essere già finite nel 3189. Ma penso che non tutti i secoli abbiano avuto una Enterprise. Quindi ipotizzerei una 1701-T o 1701-V.
Credo sarà di classe Constitution (come la Armstrong), ma spero proprio la mostrino perché se la nominano, noi fan dobbiamo vederla. Credo sia scritto nel regolamento della Flotta Stellare.
Le due navi stanno analizzando una frattura lasciata dalla A.M.O. e quindi bisogna volarci dentro per prendere altri importanti, determinanti, utili, necessari dati per capire l’origine del fenomeno.
Con il gioco del “bastoncino corto” (credo facciano così per gli incarichi della Flotta Stellare del 32° secolo) si decide chi andrà. Che ve lo dico a fa’?
La Discovery.
I nostri eroi entrano e trovano un grande spazio senza nulla. E quando dico nulla intendo nulla. Stelle, costellazioni, quasar, pulsar, rumore di fondo intergalattico. Niente di niente. Nisba.
Mi ha ricordato molto gli episodi di VOY 5×01 “Il nulla” e la 7×15 “Il vuoto”.
I nostri eroi scoprono che non solo non ci sono punti di riferimento per tornare indietro ma che i bordi del “vuoto” sono distruttivi. Infatti, ci rimette un Dot che viene letteralmente disintegrato.
Ok ragazzi, dopo aver cercato un rimedio per evitare la distruzione e raccogliere ciò che serve, ma non avendolo trovato si torna a casa.
Sì, credici.
Non si trova la strada dalla quale sono entrati. Così provano a saltare con il motore a spore. Stamets deve tenere d’occhio i sensori, quindi Book si offre di fare da navigatore. Il tentativo fallisce e lui prende una scossa.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Questa scossa fa trovare a Stamets ciò che sta cercando. Particelle della barriera galattica (vista in TOS 1×03 “Oltre la Galassia” e 3×05 “La bellezza è verita?”). Particelle che con un sonar (vecchia tecnologia) adattato al 32° secolo può condurre la nave in salvo e nello spazio normale. Ma il confine del fenomeno è ancora distruttivo. Come salvare l’equipaggio?
Tutti nel buffer degli schemi del teletrasporto. Grazie Scotty per l’idea che, dopo circa 1000 anni, funziona ancora. Un bel riferimento alla puntata di TNG 6×04 “Il naufrago del tempo”.
Zora, nel frattempo, ha problemi a concentrarsi visto che non riesce ad avere dati dai sensori esterni. In quanto nuova forma di vita, con emozioni, questa cosa la destabilizza. Così, dopo circa 6 puntate di questa stagione, Gray decide di aiutarla a uscire da questo impasse. In effetti ci riesce e questo comincia a delineare un po’ il personaggio fino ad ora poco caratterizzato.
Book, dopo la scossa ha delle allucinazioni su suo padre che lo sgrida sul fatto che non fa come vuole e prende ordini da Burnham. Scopriamo, inoltre, che il suo vero nome è Tareckx.
Perché lo nasconde? Forse nella galassia questo nome ha una brutta reputazione?
Burnham lo saprà?
Comunque, dopo aver fatto pace col dolore e la visione di suo nipote nelle puntate precedenti, Book mette a tacere la visione di suo padre dicendogli che non sarà mai come lui, che il suo nome non è più Tareckx da molto tempo e gli augura buon compleanno.
E il vecchio sparisce.
Chi ci sarà della famiglia nella prossima visione di Book? La nonna? La zia?
Lo scopriremo.
Burnham, con l’equipaggio tutto nel buffer, aiuta Zora psicologicamente nell’attraversamento della barriera. Questa distrugge una parte della nave e fa perdere al capitano i sensi sulle note della canzone “Stormy Weather” cantata proprio dalla I.A. della Discovery.
Il capitano si sveglia nell’infermeria. Tutti stanno bene e i dati raccolti dicono che l’A.M.O. è stata creata da qualcuno di qualche altra galassia.
Anche se c’è stato il riferimento alla barriera galattica e a una galassia lontana che porta tutti a pensare ai Kelvani, originari del pianeta Kelva nella galassia di Andromeda, visti nella TOS 2×21 “Con qualsiasi nome” e nominati da Worf in DS9 6×24 “Orfana del tempo”, io continuo a pensare che i cattivi siano gli alieni intravisti nel finale di Picard. Ma credo che per scoprirlo dovremo aspettare gli episodi in onda dal 10 febbraio in poi. Il prossimo, posso ipotizzare, sarà cercare di mettere tutti d’accordo sulla provenienza della A.M.O. e sul come affrontare la cosa alla luce delle nuove scoperte.
Nel complesso un episodio piacevole, come dicevo ben diretto e corale.
E finalmente mi hanno ascoltato e hanno fatto tornare in plancia Detmer e Owosekun. Me felice.
Ci sentiamo al prossimo episodio.
Star Trek: Discovery: 4×05

Star Trek: Discovery: 4×05

di Alessio Candeloro

Discovery 4×05
Eccomi a voi con la recensione dell’episodio 4×05 “The Examples”.
Anche questa volta il week-end lavorativo non mi ha permesso di scrivere prima del lunedì. Mi capirete.😅
Parto col dire che questo episodio mi è piaciuto molto. Finalmente una storia principale e una sola sottotrama. Evvaiiiiiiiii!!🎊🎊
Finalmente si torna ad investigare sull’Anomalia di Materia Oscura. Scopriamo che a bordo della Discovery arriverà uno scienziato, Ruon Tarka, per studiare il fenomeno con Stamets e Reno.
Originario di Risa (ah, ma allora non pensano solo al divertimento e al piacere😏) questo personaggio è un misto di boriosità e vanesia con una dose eccessiva di altezzosità. Mi ha ricordato tre scienziati visti in vari episodi delle serie scorse:
Ira Graves (TNG 2×06 “L’uomo schizoide”)
Gideon Seyetik (DS9 2×09 “Il sogno di Nidell”)
Paul Stubbs (TNG 3×01 “Evoluzione”)
Tutto racchiuso in una unica persona. Usando le parole di una nostra amica:
“Tarka è il classico nerd perculatore” (Cit. Francesca Nav).
E in effetti è un signor “so tutto io”. 🤮
Secondo me nasconde qualcosa e non è lì per aiutare i nostri eroi. È solo una sensazione, ma è molto forte.
Scopriamo che da tempo lavora con Aurelio (visto nella passata stagione) e ha studiato tutto il lavoro di Stamets. Il nostro ufficiale stakanovista gli aveva mandato anche dei messaggi a cui il risiano non ha mai risposto. Giudicando il lavoro di Stamets “migliorabile”. Presunzione zero proprio.
Scopriamo che la A.M.O si sposta nel giro di pochissimo tempo a circa mille anni luce di distanza (la cosa succede mentre erano in corso analisi da parte della NSS T’Pau, una nave di Ni’Var e altre due navi della Flotta Stellare, tra le quali la USS Janeway. Le navi di Ni’Var hanno ripreso il classico design che avevano nel 22° secolo ai tempi di Archer. Mentre la USS Janeway è di classe Constitution come la USS Armstrong vista nel precedente episodio) e ciò fa capire, unito alla domanda (era ora direi!!🎊) fatta a Zora se nei dati della Sfera ci sono riferimenti a fenomeni simili. Zora dice di no e si capisce che non è un evento naturale. Magari chiederlo prima si potevano escludere un sacco di ipotesi.🤣🤣
Nel frattempo, una colonia Akaali, che faceva parte della Catena Smeraldo, verrà interessata dal passaggio della A.M.O. e quindi va evacuata anche se non fa parte della Federazione.
L’ammiraglio “brizzolato” Vance, alla scoperta della natura artificiale dell’anomalia, esclude alcune razze che avrebbero la capacità di farlo ma lui è sicuro siano innocenti:
-Metron (TOS 1×18 “Arena”)
-Superstiti Impero Iconiano (TNG 2×11 “Contagio”e DS9 4×23 “Fino alla Morte”)
-Q (TNG 1×01 “Incontro a Fairpoint”, 1×10 “Il ritorno di Q”, 2×16 “Chi è Q”, 3×13 “Deja Q”, 4×20 “Q-pido”, 6×06 “Una vera Q”, 6×15 “Una seconda opportunità”, 7×25/26 “Ieri, oggi domani”, DS9 1×07 “Per amore di Q”, VOY 2×18 “Diritto di morte”, 3×11 “Questione di Q-ore”, 7×19 “Q2”, LD 1×08 “Veritas”), anche se, dalle parole dell’ammiraglio, non si hanno contatti col continuum da 600 anni.
-Nacene -nome attribuito alla razza del Protettore- (VOY 1×01 “Al di là dell’universo”). Quindi Suspiria non era l’ultima rimasta come si pensava?🤔 Interessante.
Secondo me dimentica alcune razze che avrebbero potuto creare questo fenomeno, come sappiamo un tunnel spaziale. I Profeti, ad esempio. O i Pah-wraiths che, magari, si sono liberati nuovamente.
Ma torniamo a noi. La Discovery e altre navi vanno al salvataggio dei coloni. Inclusi dei prigionieri, “Gli Esempi”. Coloro che hanno commesso dei piccoli reati e che faranno da esempio per coloro che vorrebbero condurre una vita criminale. Burnham lascia il comando a Saru e, insieme a Book, va nella zona dove sono detenuti. Dopo varie peripezie li liberano ma uno di loro, Felix, decide di restare lì. Vuole espiare la sua colpa (ha ucciso un uomo che gli aveva offerto riparo ma lo aveva scoperto a rubare durante la notte) fino in fondo. Sente di dover ripagare con la sua vita (carcere a vita o distruzione imminente della colonia) il debito con la sua vittima e la sua famiglia. Book, visto ciò che è successo al suo pianeta, non vorrebbe lasciarlo indietro ma anche Burnham è d’accordo col prigioniero. È la sua vita e deve poter scegliere cosa farne. Book la trova una morte inutile e questo, secondo me dagli sguardi sull’asteroide e poi in plancia, incrina il rapporto tra lui e il capitano. Nuvole nere sul loro rapporto di coppia?🤔 Staremo a vedere.
Ottimo lo spazio (anche se si vede poco fisicamente) dato a Rhys che coordina il salvataggio di tutti i coloni restanti e lo spazio dato a Nilsson a cui viene affidato il comando da Saru perché lui vuole tenere d’occhio l’esperimento di Stamets e Tarka. Ricreare, in miniatura, lo stesso tipo di tunnel dell’A.M.O. Questo porterebbe a capire chi c’è dietro questa che, ormai, sembra a tutti gli effetti un’arma di distruzione di massa. Saru fa benissimo e “spegne” l’esperimento al momento giusto. Per quanto Tarka professi il voler salvaguardare tutti, se stesso in primis, sembra che la voglia di spingere l’esperimento oltre il limite abbia il sopravvento. Anche Stamets ha la stessa euforia. Anche Reno osserva: “Stavolta ha esagerato”, rivolta a Paul.
Un bel momento si ha quando il prigioniero Felix dà a Burnham una piccola sfera. Era nella refurtiva che aveva rubato all’uomo che aveva ucciso. Era una sfera olografica con l’albero genealogico della famiglia. Felix chiede al capitano di trovare la figlia della sua vittima e riconsegnarla. Lei, a fine episodio, trova sulla Discovery la donna e le consegna la sfera. Grata, la donna può aggiungere la scansione del suo DNA e il suo volto appare nell’albero genealogico olografico. Nel turboascensore Burnham scopre, parlando con Zora, che il computer della nave ha cominciato a provare emozioni. Un altro passo verso l’episodio Short Trek “Calypso”.
Manca qualcuno? Ovvio che sì. Culber.
Al pari del suo compagno, lavora con un ossesso per aiutare, sempre in veste di consigliere, i coloni che hanno perso tutto. Ma sia Stamets che Kovich, anzi, il dottor Kovich, gli dicono di prendersi una pausa e, in un bellissimo dialogo, Kovich fa capire a Culber la natura della sua ossessione. Si chiede perché a lui è stata una nuova occasione di vivere dopo la sua morte e si sente in colpa per questo quando vede che non a tutti è concessa la stessa cosa. “Perché io?” si chiede. Ma, giustamente, Kovich gli dice che non deve sentirsi in colpa per essere vivo. Anche se è sembrato ad alcuni che la coppia Culber/Stamets stia passando un momento “no”, a me sembra che siano sono solo oberati di lavoro. Uno per salvare la parte fisica dell’universo e l’altro per capire sé stesso e salvare la parte psicologica delle persone che quell’universo lo popolano. Due facce della stessa, meravigliosa, medaglia.
Un triste Book viene raggiunto al bar della Discovery da Tarka. L’approccio del raisiano mi piace poco. Sembra voglia circuire in qualche modo Book per provare a fare con lui il suo esperimento. Forse perché anche Book può “guidare” la Discovery? Vorrà forse entrare dentro la A.M.O.? Così mi è parso. Book nota sul collo di Tarka la cicatrice del dispositivo di controllo della Catena Smeraldo. Speriamo che questo particolare faccia in modo che non si fidi di Tarka. Anche perché, nella conversazione, Book asserisce, ascoltando le parole di Tarka, che lui sappia chi ci sia dietro l’A.M.O. Ma lui nega. Questo personaggio mi puzza. E non poco.
Nota per la cambusa (come dice Kirk in “Rotta verso l’ignoto”):
Da notare, da qualche episodio, l’assenza di Detmer e Owoseku. Dove saranno? Assegnate ad un’altra nave come è accaduto a Bryce? (assegnato per un periodo sulla USS Curie). Io spero che tornino presto. Mi piacevano i loro personaggi e ho sempre trovato ingiusto che i nomi delle attrici (come altri) vengano messi nei titoli di coda ma non nella sigla inziale visto che i loro personaggi sono nel programma dalla prima stagione.
Su una delle due poltrone troviamo, in questo episodio, uno Shlerm (razza già vista in Star Trek: Beyond). Chissà se lo rivedremo. Questi alieni così poco umanoidi mi piacciono sempre molto.
Come dicevo, l’episodio mi è piaciuto davvero tanto. L’interazione tra i vari personaggi è stata fantastica e, come sempre, gli episodi corali sono per me i migliori. Bello approfondire uno o due personaggi o focalizzarsi su una storia con un personaggio come protagonista. Ma quelli corali riportano alla memoria anche alle serie precedenti e ciò che rende Star Trek ciò che è: una serie fantastica.
Ci sentiamo al prossimo episodio. 🖖🖖😊😊
Doctor Who

Doctor Who

Titolo originale:
Doctor Who

Paese: Inghilterra
Anno: 1963 – in corso
Stagioni: 39
Episodi: 869 (dato in aggiornamento)
Produttore: vari
Casa di produzione: BBC, BBC Wales
Trasmissione ITA: Rai 1, Rai 4, Jimmy

Interpreti e personaggi

William Hartnell – 1° dottore
Richard Hurndall – 1° dottore
David Bradley – 1° dottore
Patrick Troughton – 2° dottore
Jon Pertwee – 3° dottore
Tom Baker – 4° dottore
Peter Davison – 5° dottore
Colin Baker – 6° dottore
Sylvester McCoy – 7° dottore
Paul McGann – 8° dottore

 

John Hurt – War Doctor
Christopher Eccleston – 9° dottore
David Tennant – 10° dottore
Matt Smith – 11° dottore
Peter Capaldi – 12° dottore
Jodie Whittaker – 13° dottore

di Gabriella Cordone Lisiero

Il titolo della serie televisiva di fantascienza più longeva e di successo (detiene il Guinness dei Primati) dice tutto: “Dottore chi?” Una domanda la cui risposta è allo stesso tempo semplicissima e complessa.

È infatti un po’ problematico illustrare a chi non la conosce cosa sia questa serie TV, il cui primo episodio venne trasmesso il 23 novembre 1963 e che, dunque, nel 2013 compirà ben 50 anni. Per provarci cito le parole di David Tennant, uno dei più apprezzati interpreti della serie:

“Doctor Who è difficile da spiegare senza sembrare folli. Io direi… guardatevi un episodio, a quel punto avrà tutto perfettamente senso! Non posso spiegarlo, non sarebbe la stessa cosa.”

Insomma, guardatelo e capirete! È vero, però si può tentare di fare di meglio! Neil Gaiman, autore di storie eterne come Sandman, American Gods e Coraline e anche sceneggiatore di un episodio di Doctor Who, descrive così la serie:

“C’è una cabina blu, più grande all’interno che all’esterno. Può viaggiare dovunque nel tempo e nello spazio e a volte arriva proprio dove dovrebbe.
E quando arriva, c’è un tipo chiamato il Dottore, e qualcosa andrà storto. Lui farà del suo meglio per rimediare e probabilmente ci riuscirà perché è fichissimo.”

Gaiman dà qualche indizio in più, ma anche lui non fa piena chiarezza. Torniamo indietro, allora, e cerchiamo di capire che serie sia Doctor Who leggendo la primissima presentazione apparsa su Radio Times (il Sorrisi e Canzoni britannico) quando la serie partì nel 1963.

“Doctor Who? Doctor Chi? È proprio questo il punto. Nessuno sa di preciso chi sia questo misterioso esule che viene da un altro mondo e da un futuro lontano le cui avventure cominciano oggi. Quello che si sa è che possiede una cabina con la quale può viaggiare nello spazio e nel tempo, anche se (a causa di un difetto della strumentazione) non è mai sicuro di dove effettuerà i suoi ‘atterraggi’. Insieme a lui viaggia la nipote Susan, una strana mistura tra normalità adolescenziale e intelligenza strabiliante. La curiosità degli insegnanti di Susan li porterà inevitabilmente a intrecciare le loro vite con gli strani viaggi del Dottore e i quattro viaggiatori, nelle storie seguenti, si troveranno in ogni punto del tempo: passato, presente e futuro. Visiteranno una galassia distante dove la civiltà è stata distrutta dalla bomba al neutrone o si troveranno a viaggiare verso il Catai insieme a Marco Polo. L’intero cosmo è la loro casa.”

In queste parole, finalmente, c’è la summa di quello che è Doctor Who: un esploratore alieno dello spazio e del tempo che se ne va in giro per l’universo insieme a dei compagni umani capitati con lui per caso o scelta su un veicolo spazio-temporale. Semplicissimo e complesso allo stesso tempo.

L’ambientazione della serie è quindi ampissima e in effetti non si può definire come pura fantascienza, o fantasy, o educativa… perché è tutte queste cose insieme. Di sicuro le storie narrate nel corso di questi quasi 50 anni hanno portato gli spettatori a capire che sono due le grandi “categorie” di avventure della serie: quelle di ambientazione storica e quelle di ambientazione spaziale. Le prime sono quelle in cui Dottore e compagni incontrano veri personaggi storici (da Marco Polo a Charles Dickens, dalla Regina Nefertiti al presidente Nixon), le seconde quelle in cui gli autori si divertono a inventare gli alieni più disparati, “mostri” della settimana che prendono forma di insetti, blob gommosi, piante senzienti, ragni giganti, robot alieni e chi più ne ha più ne metta. Il tutto condito con classiche storie di invasioni aliene sulla Terra. A volte la narrazione presenta pericoli solidamente legati alla Storia (gli Aztechi e i loro sacrifici umani, la seconda guerra mondiale), a volte presenta ostacoli bizzarri e divertenti (un alieno “assorbipersone” o manichini da vetrina che prendono vita), ma sempre con un misto di terrore, meraviglia e umorismo.

La serie è nata, e continua ad essere, un prodotto destinato alle famiglie con bambini e, in puro stile britannico, è strutturata per far prendere dei “sani spaventi” ai piccoli. L’uomo nero delle favole è l’ispirazione principale per la creazione degli alieni di Doctor Who che devono spingere i bambini a nascondersi dietro al divano, protetti dai loro genitori che si divertono con loro. Come tutti i buoni prodotti per ragazzi, però, anche Doctor Who ha molti livelli di lettura, morali, scientifici e storici, che possono intrigare anche gli spettatori adulti. Il fatto che il Dottore sia un alieno (un Signore del Tempo, per essere esatti) lo porta infatti spesso e volentieri a essere un giudice spietato dei comportamenti negativi dell’umanità, ma anche un feroce sostenitore delle qualità migliori degli esseri umani, tanto che la Terra è di fatto la sua seconda casa. La “morale della favola” c’è in quasi tutte le avventure del Dottore, che spesso diventa il fautore di eventi cruciali (positivi o negativi, storici o inventati) della storia umana.

L’unica cosa che potrebbe rivelarsi insoddisfacente per i palati che amano la fantascienza più rigorosa è proprio la scienza, che viene spesso e volentieri piegata alle necessità narrative. Non aspettatevi la plausibilità di uno Star Trek, insomma, perché da questo punto di vista Doctor Who scatena la fantasia quasi senza limiti. E lo fa a partire dalle due caratteristiche fondamentali della serie, che bisogna tener presente quando si voglia cominciare a vederla: il Dottore non ha sempre la stessa faccia e la tecnologia dei Signori del Tempo… è più grande all’interno.

Doctor Who ha avuto molti interpreti, ma un solo personaggio protagonista: il Dottore. L’unico e il solo. Anche se non è immortale, il Dottore ha più di mille anni, perché, come tutti i Signori del Tempo, può rigenerarsi. Se vicino alla morte, può decidere di usare le energie residue per cambiare ogni singola cellula del proprio corpo e “rinascere” trasformandosi in un altro uomo, con fattezze diverse e anche con una personalità leggermente diversa. I ricordi restano, il volto e il corpo cambiano. Questa è uno dei “trucchi” per cui Doctor Who ha potuto vivere così a lungo come serie: quando il primo attore interprete del Dottore decise di lasciare la serie per dedicarsi ad altro i produttori decisero di non sostituire il personaggio, ma solo il suo interprete. Una mossa che si rivelò non solo vincente, ma fondamentale per lo sviluppo della serie e ne divenne una delle peculiarità. Ogni attore, nel corso dei decenni, ha vestito i panni del personaggio in modo diverso rinnovando la serie a scadenza di tre o quattro anni. Stessa cosa per i compagni che, pur non rigenerandosi, si sono susseguiti a bordo del Tardis ognuno con le proprie personalità. Questo continuo rinnovamento ha mantenuto la serie fresca e originale.

La tecnologia “più grande all’interno” fa del Tardis una delle astronavi più iconiche della storia della fantascienza. Trascendendo i limiti dimensionali, infatti, questa astronave immensa (non si contano i corridoi e le stanze, tra cui una libreria, una piscina, un guardaroba…) si presenta come una semplice cabina blu della polizia britannica di poco più di un metro quadrato di base e un paio di metri d’altezza. Una cabina che, negli anni sessanta quando la serie partì, era veramente presente nelle strade del Regno Unito e che è diventata il secondo protagonista della serie. Anche il Tardis (o meglio… la Tardis, perché è un’astronave, e come tale femmina) si rigenera, cambiando il proprio aspetto interno (e nei dettagli anche esterno) e rinnovandosi dunque per le diverse generazioni di appassionati che si susseguono davanti allo schermo.

Senza entrare ulteriormente nei dettagli, concludo dicendo che, pur con i normali alti e bassi di qualsiasi produzione televisiva, Doctor Who si è dunque mantenuta fresca e giovane, rigenerandosi come il suo protagonista tanto da tagliare un traguardo finora riservato solo alle soap opera. Cinquant’anni di buona televisione di fantascienza, che acquista anno dopo anno sempre più appassionati e che oggi torna a visitare l’Italia… conquistandola questa volta! Se nel 1980 il passaggio del Dottore sulla nostra TV si lasciò dietro una piccola nicchia di appassionati, oggi sono migliaia i fan che si appassionano alla serie e alla sua lunga storia. Anche perché, al contrario di una soap, si può cominciare a vedere Doctor Who in qualsiasi momento, a partire da qualsiasi episodio. A parte rarissime eccezioni, infatti, non ci sono cose che bisogna sapere per godere delle avventure del Dottore (in una qualsiasi delle sue versioni) e dei suoi compagni d’avventura. Insomma, anche se gli episodi in onda in questo periodo sono interpretati dalla “faccia numero Undici” del Dottore, non è necessario conoscere le altre dieci per cominciare a guardare Doctor Who!

Se poi siete curiosi e volete “studiare” prima di guardare qualcosa, il sito dei “Doctor Who Hermits United” è nato proprio per questo: un riferimento in italiano con tutte le sinossi di tutte le avventure finora vissute dal Dottore, con pagine sui nemici più ricorrenti e sui compagni. Un sito continuamente in aggiornamento, anche se lento, da cui potrete poi (se vorrete) accedere anche ai luoghi virtuali di incontro tra appassionati. Buona visione! www.doctorwhoitalia.it

pubblicato su Fantazone n° 24 – febbraio 2013
immagine di copertina: www.deviantart.com/vvjosephvv/art/Doctor-Who-Poster-2-801813899