Star Trek: Section 31

Star Trek: Section 31

Titolo originale:
Star Trek: Section 31

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2025
Durata: 95 min
Regia: Olatunde Osunsanmi
Sceneggiatura: Craig Sweeny
Produttore: Ted Miller, Dana N. Wilson
Casa di prod.: Secret Hideout, Roddenberry Ent., CBS Studios
Distrib. (Italia): Paramount+

Interpreti e personaggi

Michelle Yeoh: Philippa Georgiou
Omari Hardwick: Alok Sahar
Kacey Rohl: Rachel Garrett
Sam Richardson: Quasi

 

Sven Ruygrok: Fuzz
Robert Kazinsky: Zeph
Humberly González: Melle
James Hiroyuki Liao: San

di Alessio Candeloro

L’imperatrice è tornata! Lunga vita all’Impero! La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!
Scusate. Dopo le prime immagini, la nascita di Georgiu come Imperatrice mi sono uscite le due frasi spontaneamente. Alla fine del film, questa formula della Sezione 31 non mi è dispiaciuta per niente. Certo, non hanno la classe di Sloane (gran personaggio della Sezione 31 di DS9) però, in questo contesto è una gruppo che funziona. La trama non mi è dispiaciuta. E anche il finale ha il suo perché. Non rovina assolutamente ciò che sappiamo dell’universo dello Specchio del periodo DS9. Rachel Garrett mi è piaciuta molto. Il suo grado mi conferma il periodo storico a cui avevo pensato.
Grandissimo il capo della squadra (che condivide lo schermo con l’imperatrice in maniera impeccabile secondo me).
E la sua storia sì unisce ad un altro famoso gruppo della storia Trek, i Potenziati.

Cosa mi è piaciuto meno?
Perché non può mai essere tutto perfetto o come lo vorremmo.
La data stellare, unico riferimento temporale dello svolgere della storia (viene anche citato il 2257 come l’ultima volta che era apparsa l’imperatrice) è più vicino alle avventure di Kirk della TOS piuttosto che al periodo in cui è vissuta Garrett. Secondo me, data stellare buttata lì.
Il tempo sullo schermo concesso alla Deltana è stato, secondo me, troppo breve. Finalmente un’altra esponente di quella razza dai tempi di TMP e la bruci in quel modo. Peccato.

Sentir chiamare il “distributore di missioni” con il nome “Controllo” mi ha fatto venire i brividi. Letteralmente. Perchè mi ha riportato a “Controllo” di Discovery. E nel finale di quella stagione si diceva che la Sezione 31 sarebbe stata riorganizzata. Quindi quel nome doveva sparire. Peccato anche qui.
Il finale invece mi è piaciuto con la formazione della nuova squadra, con l’apparizione di Jamie Lee Curtis (grande acquisto per l’universo Trek), e con quel “nuova missione” che mi fa sperare in un secondo film se non, come vorrei, l’inizio di una saga di 3-4 film targati “Sezione 31”.
Quindi, come dicevo prima: La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!

Ultimo pensiero.
Certo, il classico Star Trek con ufficiali federali, navi con sezione a disco e gondole di curvatura non si vede, come non si vedono gli ufficiali della Flotta che risolvono la situazione con aggiunta di principi e morale dei buoni (come è giusto che sia quando la storia la raccontano dal loro punto di vista). Ma secondo me la morale, la positività, le redenzione, il fare la cosa giusta e la filosofia tutta vulcaniana “L’esigenza dei molti, conta più di quella dei pochi” ci sono tutte. Basta guardare attentamente.
Per me voto 9!
😊🖖😊🖖

di Michela Barotto

Ho visto Section 31 il giorno stesso dell’uscita in streaming.
Volevo scriverci una recensione, ma mi ero data l’impegno di scriverla solo dopo una seconda visione.
C’è stato però un problema, non avevo nessuna voglia di rivedere quel film!
Per questo ho impiegato tanto tempo per scrivere questo articolo, e il film non l’ho rivisto, magari lo farò fra qualche mese, a bocce ferme e mente libera.

Alla fine della prima visione avevo in mente una sola domanda: ma perchè?!?
Coscientemente non coltivavo grandi aspettative, avevo visto un trailer e si capiva abbastanza bene che genere di film sarebbe stato: azione e grandi scene erano protagonisti, e mi poteva anche andare bene.
Non ho mai osteggiato l’idea di una sezione segreta nella Federazione Unita dei Pianeti, solo che qui i membri di Sezione 31 sembrano più la Suicide Squad (lo so, non è un paragone molto originale, siamo stati in parecchi ad avere questa impressione).

L’incipit è interessante e ci fa capire come Philippa è diventata imperatrice, cosa ha dovuto affrontare e cosa ha sacrificato, in che società è nata e cresciuta.
Poi la storia si fa debole e abbastanza prevedibile, i dialoghi sono poco consistenti e i personaggi per nulla accattivanti. Alla fine del film non ricordavo nessuno dei loro nomi, a parte la nota Imperatrice Philippa Georgiu, che ho apprezzato molto di più nella serie Star Trek Discovery.
A dispetto del titolo nel film, la Sezione 31 è la grande assente, relegata a semplice espediente per mettere insieme una squadra di personaggi improbabili e poco approfonditi a cui dare una missione altrettanto improbabile (era davvero necessario inserire una giovane Rachel Garrett?).
E’ mancata a mio parere l’essenza stessa della Sezione 31, un’agenzia segreta che “non esiste”, che agisce elegantemente in secondo piano, senza che tu ti accorga di nulla.
E invece ne è uscito una storia fracassona.
E’ evidente che sia stata (malamente) condensata in un’ora e mezza un’idea nata per una mini serie; il finale è aperto tanto da sembrare un pilot.
Forse sperano in un sequel?
Spiazzante la colonna sonora, molto vicina al nostro tempo come genere e stile.
Una scelta che non condivido ma che non è tra le peggiori prese per questo film.
La regia è parsa confusa.
In conclusione, con una storia che sarebbe brutta anche per un film di serie B difficilmente si raggiungono nuove generazioni di spettatori e allo stesso tempo si scontenta il fandom storico. Eh no, non basta un cameo spettacolare sul finale per salvare capra e cavoli.
Un’occasione mancata.

P.S. Ringrazio Marzia Trapolino per la sua osservazione sul nome adottato da Philippa nella veste di proprietaria di un locale notturno: “Se Véronique du Frank è un omaggio, sono già innamorata 🥰 (Veronica Franco era la più famosa cortigiana veneziana del 1500)”.
Una coincidenza? …io non credo…

Alien: Romulus

Alien: Romulus

Titolo originale:
Alien: Romulus

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2024
Regia: Fede Álvarez
Sceneggiatura: Fede Álvarez, Rodo Sayagues
Produttore: Ridley Scott, Michael Pruss, Walter Hill
Casa di produzione: 20th Century Studios,

Interpreti e personaggi

Cailee Spaeny: Rain Carradine
David Jonsson: Andy
Archie Renaux: Tyler
Isabela Merced: Kay

 

Spike Fearn: Bjorn
Aileen Wu: Navarro
Trevor Newlin: Xenomorfo
Robert Bobroczkyi: Offspring

di Gabriele Manenti

Ambientato tra il primo e il secondo capitolo della saga questa pellicola che rimane a se stante e non sarà la prima di molte a detta dei produttori, ma ” mai dire mai” è un concentrato di citazioni e rimandi che sono tutt’altro che forzati ma piacevolmente ben inseriti.

La protagonista Rain parte insieme a un gruppetto di amici per il recupero di un relitto fluttuante nello spazio, ma per loro sfortuna proprio quel vascello tempo addietro recupera nello spazio circostante la Nostromo, si quella nave… un bozzolo fluttuante che conteneva uno xenomorfo.

Potete immaginare come continui la storia però il regista riesce a gestirla dando ampio respiro al rapporto tra i protagonisti e il loro desiderio di sfuggire ad una realtà asfissiante e cupa fatta di lavoro e stenti, il tutto rappresentato da atmosfere all Gigger,
chiariscuri e tenebre che nascondo tutto e fanno esaltare le luci ei colori saturi della pellicola in maniera quasi alienante,
rappresentando un tipo di fantascienza già conosciuta, vedi Atmosfera Zero su tutti, che non risulta stucchevole ma accomodante.

La voglia di riscatto e di ribellione allo status quo è il classico canovaccio che da il via alla storia, che pur non essendo originale diverte e non annoia e solo sul relitto si svela aumentandone il ritmo.

Le dinamiche e la fotografia sul vascello sono quelle che fanno da firma al franchise, ombre, sagome e colpi di scena con
sistemi di condotti d’aria, manganelli stordenti, sensori di movimento, un sintetico morto, dei lanciafiamme e una buona dose di “splatter computer graphic” ed effetti old school un chiaro omaggio alla pellicola originale di Ridley Scott.

Quindi?

Ci sono gli xenomorfi, un equipaggio da fare a pezzi, la Nostromo, la “Corporation” e una eroina cazzuta, direi che la ricetta nella sua semplicità è riuscita facendomi venir voglia di un rewatch della saga!
Ovviamente escludo i Prometeus e il suoi sequel, troppo distanti a mio parere dal vero dna del franchise.

Rebel Moon

Rebel Moon

Titolo originale:
Rebel Moon
Part one: A child of fire

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: Zack Snyder,Shay Hatten, Kurt Johnstad
Produttore: Zack Snyder, er, Wesley Coller, Eric Newman, Deborah Snyder
Casa di produzione: Grand Electric, The Stone Quarry
Trasmissione ITA: Netflix

Interpreti e personaggi

Sofia Boutella: Kora
Michiel Huisman: Gunnar
Charlie Hunnam: Kai
Djimon Hounsou: Generale Titus
Staz Nair: Tarak Decimus
Doona Bae: Nemesis
Ray Fisher: Darrien Bloodaxe

 

Cleopatra Coleman: Devra Bloodaxe
E. Duffy: Millius
Jena Malone: Harmada
Ed Skrein: Atticus Noble
Fra Fee: Balisarius
Ingvar Eggert Sigurðsson: Hagen

di Gabriele Manenti

Nulla di nuovo sul fronte occidentale… Snyder non si discosta neanche un millimetro da quel canone che noi tutti associamo alle “space opera” chiare le ispirazioni ad Asimov, Dune, Blade Runner ed altro, ovviamente pur non essendo un prodotto scadente, non ci si avvicina minimamente.
La storia inizia con un contesto rurale dove la voce narrante descrive un universo governato da un brutale totalitarismo, un potere feudale corrotto in un mondo governato “dai mille re” fino all’insurrezione con il conseguente sterminio della casa reale e l’ affermarsi di un “regime dispotico”.
Su una luna , una comunità di contadini che professano il “vero lavoro a mani nude” festeggiano il raccolto in una grande festa ma vengono interrotti dall’ arrivo di un’astronave dell’ impero, costituito dopo la caduta dei regnanti, che occupano con la violenza le loro terre. Kora (Sofia Boutella), un membro di alto rango di quello stesso esercito, si è nascosta in quella comunità dopo la diserzione ma da li a poco non riesce a sopportare tutto quel male e quella violenza e decide di radunare una squadra di combattenti da tutta la galassia per proteggere la sua patria adottiva. (magnifici 7 portami via…)

Boutella interpreta una personaggio molto forte e arcigno ma capace di esprimere fragilità e fascino e i punti forti della pellicola finiscono qui, il resto della crew non è assolutamente presentata ed integrata a dovere nella storia, sembrano capitati sul suo percorso, anche se la storia ci racconta altro;

il lavoro di Snyder è sotto tono, una sceneggiatura banalotta e raffazzonata, una storia annacquata che non rispetta i presupposti iniziali e nemmeno le riprese “alla Snyder” e le immagini di battaglia al rallentatore che non sono mai all’altezza di Watchmen, Justice League o Sucker Punch danno un po’ di brio al tutto.

Originariamente presentato come progetto per una nuova trilogia di Guerre Stellari, e non considerato, è una fievole copia di quest’ultimo ma non del tutto da scartare, il cast, la fotografia e le atmosfere che fanno parte della nostra cultura fantascientifica ne fanno comunque un prodotto gradevole, se mai faranno il seguito vale la pena dargli una possibilità.

The Marvels

The Marvels

Titolo originale:
The Marvels

Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Nia Da Costa
Sceneggiatura: Nia DaCosta, Megan McDonnell, Elissa Karasik
Produttore: Kevin Feige
Casa di produzione: Marvel Studios
Trasmissione ITA: Sky Atlantic

Interpreti e personaggi

Brie Larson: Carol Danvers / Captain Marvel
Teyonah Parris: Monica Rambeau
Iman Vellani: Kamala Khan / Ms. Marvel

 

Zawe Ashton: Dar-Benn
Gary Lewis: Imperatore Dro’ge
Park Seo-joon: Principe Yan

di Gabriele Manenti

Carol Danvers più umana di quello che ci si aspettasse, in questa pellicola fa i conti con se stessa e le conseguenze delle sue azioni sul pianeta Hala, ovvero la distruzione della Suprema IA che lo governava.

Il pianeta sta morendo e spinge la brava ma poco credibile controparte Dar-Benn, interpretata da Zawe Ashton, sopravvissuta alla guerra civile Kree a cercare nuovo sostentamento rubando “l’essenza” di pianeti vicini tra i quali la nuova casa dei Skrull… che tanto per cambiare saranno vessati ancora una volta, né Carol Danvers né Nick Fury faranno qualcosa di concreto e veramente definitivo per loro.

Questa è la storia in back ground, mentre in “superficie” si dipanano oltre a quella di Capitan Marvel anche quelle delle altre due protagoniste che portano avanti, seppur in maniera slegata e a volte caotica le proprie story line per degli epiloghi, dopo i titoli di coda, molto importanti.
Monica Rambeau (Teyonah Parris) è brillante e audace come sempre e Ms. Marvel (Iman Vellani) ruba prevedibilmente la scena con lunghe e godibili sequenze action e quella capacita sopratutto mimica di farti ridere e sorridere, e ricordiamolo i fumetti servono anche a questo.

Il più grande punto di forza di The Marvels è sicuramente l’ensemble, ma la comicità è al secondo posto un team-up per fermare un piano di vendetta intergalattico, una principessa disney (più di questo non dico) una famiglia strampalata, il mentore Nick Fury e la mascotte, direi che come “dotazione” standard siamo più che a posto.

Personalmente accetto che ci siano delle parti narrative leggere e a volte stupide, ma in questo film andiamo un po’ oltre, la storia è sempliciotta e i puzzle narrativi paralleli sono strani, sciocchi o superflui, se non inutili.
Non parlo di flop ma si è andati ben lontani da quello che poteva essere il vero senso della pellicola, un episodio di una sitcom con quel non so che di imbarazzo che ti fa stare li fino alla fine per vedere dove ci si spinge e quale limite si son posti sceneggiatori e regista.

Black Adam

Black Adam

Titolo originale:
Black Adam

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2022
Durata: 125 min
Regia: Jaume Collet-Serra
Sceneggiatura: Rory Haines, Sohrab Noshirvani, Adam Sztykiel
Casa di prod.: DC Films, New Line Cinema, Warner Bros. Pictures
Distrib. (Italia): Warner Bros.

Interpreti e personaggi

Dwayne Johnson: Teth-Adam / Black Adam
Aldis Hodge: Carter Hall / Hawkman
Noah Centineo: Albert “Al” Rothstein / Atom Smasher
Sarah Shahi: Adrianna Tomaz
Marwan Kenzari: Ishmael Gregor / Sabbac / Re Ahk-Ton
Quintessa Swindell: Maxine Hunkell / Cyclone
Pierce Brosnan: Kent Nelson / Dottor Fate

 

Gabriel Chavarria: predicatore
Steve Zahn: Scimmia cattiva
Judy Greer: Cornelia
Terry Notary: Rocket
Roger R. Cross: capitano

di Gabriele Manenti

Dwayne “The Rock” Johnson interpreta un potente campione dell’antichità che ritorna nel presente con un atteggiamento ben lontano dagli eroi che conosciamo;
Black Adam, il cui vero nome è Teth-Adam è un uomo dell’Antico Egitto ridotto in schiavitù, scelto (?) dal mago Shazam come suo campione a cui conferisce grandi poteri per diventare paladino degli oppressi.
Ma il suo cuore oscurato dalla vendetta non è puro e per questo lo stesso mago per punizione lo imprigiona per millenni fino a quando, liberato fortuitamente da dei mortali, deve confrontarsi con i supereroi del presente per capire che sono le nobili azioni e il sacrificio a fare di un uomo un eroe.

 

L’intero film sembra essere stato realizzato qualche decennio fa, prima dell’età d’oro dei film supereroistici come Il cavaliere oscuro o Iron Man, risulta goffo e abbozzato come un “Hulk di Eric Bana” o un “The Punisher” (non quello con Dolph Lundgren mi raccomando!).
Il cattivo di turno è insipido e l’eroe “anti eroe” è più ottusamente spettacolare che caratterizzato, un opaco riflesso di quello che è in realtà il personaggio della carta stampata.

 

Johnson interpreta Black Adam in maniera granitica e imponente come dovrebbe essere ma mancante di quelle sfacettature che lo caratterizzano, che in un film delle origini dove vi sono dei comprimari come Dottor Fate, Hawkman, Atom Smasher e Cyclone più personaggi di contorno e un villain insipido non hanno trovato la giusta collocazione.

Come si dice: il “troppo storpia”!?

Le premesse c’erano tutte, la serie a fumetti della JSA (Justice Society of America) con Black Adam è una delle più belle ed interessanti della DC, in quanto mostrava come il suo senso della giustizia, molte volte brutale e senza vie di mezzo, facesse rivalutare anche agli eroi più integerrimi il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Questo film che non si rifà a quei fumetti cerca comunque di riproporre quel tema e di fatto, “la moralità dei supereroi” è il fulcro della storia: eroi e cattivi, bene e male, ma queste tematiche sfociano nel qualunquismo e il vero protagonista della pellicola è “Capitan Ovvio”.

La personalità magnetica di Johnson non basta a far stare a galla questa pellicola che risulta frettolosa nella narrazione e piena di scene d’azione ripetitive, banali e visivamente troppo caotiche per poi indugiare sui stravaganti modi brutali che il protagonista adotta nelle sue “distratte” esecuzioni e ammettiamolo, avere 10 minuti di “un dio che uccide persone mortali con fulmini e saette” è abbastanza noioso anche per un “fumettone su pellicola”, per fortuna le scene d’azione degli altri eroi compensano la noia del resto.

A mio giudizio un’occasione mancata, l’ennesima per casa DC, i fasti di Man of Steel e la Snyder’s Cut hanno abituato il nostro palato a ben altro e ne vogliamo ancora; “Meh! Adam” è un freddo antipasto che vogliamo scordare subito aspettando una pietanza più succosa.

 

 

Maze Runner – Il labirinto

Maze Runner – Il labirinto

Titolo originale:
The Maze Runner

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2014
Durata: 114 min
Regia: Wes Ball
Sceneggiatura: James Dashner, Noah Oppenheim, T.S. Nowlin, Grant Pierce Myers
Casa di prod.: 20th Century Fox, Gotham Group
Distrib. (Italia): 20th Century Fox

Interpreti e personaggi

Dylan O’Brien: Thomas
Kaya Scodelario: Teresa
Will Poulter: Gally
Thomas Brodie-Sangster: Newt
Patricia Clarkson: Ava Paige
Ki Hong Lee: Minho

 

Aml Ameen: Alby
Don McManus: Uomo mascherato
Joe Adler: Zart
Blake Cooper: Chuck
Jacob Latimore: Jeff

di Gabriele Manenti

La vicenda si svolge in un quadratino d’erba con qualche alberello al centro di un enorme labirinto con pareti enormi e antiche come il tempo stesso; al suo interno vi è un piccolo villaggio di ragazzi che vivono da soli alla mercè della natura in maniera autonoma, o quasi. A intervalli non bene definiti una specie di ascensore, effettivamente un montacarichi, situato nel campo manda loro dei rifornimenti, e ogni tanto trasporta un ragazzo sedato che si aggiunge alla comunità.

Oltre alle semplici mansioni di sussistenza per il villaggio vi è una stretta cerchia di ragazzi denominati Corridori che hanno il compito di mappare il labirinto durante la giornata prima che alla sera esso si chiuda e cambi aspetto, nella speranza di trovare una via di uscita. Ovviamente un giorno la scatola trasporta un ragazzo che stravolgerà l’ordine costituito.
A mio avviso uno dei film più ammiccanti a successi o meno degli ultimi anni, vittima di un filone troppo osteggiato dalle major che tentano, invano a mio modesto parere, di competere con le avventure di Katniss e company narrate da Susan Collins nei suoi best seller. Maze Runner è un becero mix di storie e situazioni già viste, futuro distopico con l’intera umanità distrutta o asservita a non si sa bene quale forza, ragazzi che da piccoli guerrieri crescono prima del tempo, mostri fighissimi alla Doom, insomma un “Il Signore delle Mosche” a cui manca la sua profondità, una sceneggiatura che ostenta un malinconico senso di abbandono alla Lost e una fortissima influenza di “The Village” di Shyamalan dove lo status quo è preferito per immobilismo e assoluta sopraffazione dei ragazzi al male invisibile, ragazzi che preferiscono crearsi un paradiso in cui rifugiarsi e nascondersi dai pericoli che il labirinto cela. Buona la fotografia, il villaggio, il labirinto e le sue pareti rese così antiche, il senso di onnipotenza che il labirinto stesso suggerisce sono le uniche note positive di questa pellicola che lentamente e con pochissimi guizzi porta ad un epilogo che non svela nulla se non porre altri inutili quesiti; non può competere con l’osannato Hunger Games, e persino Divergent risulta un prodotto migliore. •

pubblicato su Fantazone n° 30 – marzo 2015