Star Trek: Section 31

Star Trek: Section 31

Titolo originale:
Star Trek: Section 31

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2025
Durata: 95 min
Regia: Olatunde Osunsanmi
Sceneggiatura: Craig Sweeny
Produttore: Ted Miller, Dana N. Wilson
Casa di prod.: Secret Hideout, Roddenberry Ent., CBS Studios
Distrib. (Italia): Paramount+

Interpreti e personaggi

Michelle Yeoh: Philippa Georgiou
Omari Hardwick: Alok Sahar
Kacey Rohl: Rachel Garrett
Sam Richardson: Quasi

 

Sven Ruygrok: Fuzz
Robert Kazinsky: Zeph
Humberly González: Melle
James Hiroyuki Liao: San

di Alessio Candeloro

L’imperatrice è tornata! Lunga vita all’Impero! La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!
Scusate. Dopo le prime immagini, la nascita di Georgiu come Imperatrice mi sono uscite le due frasi spontaneamente. Alla fine del film, questa formula della Sezione 31 non mi è dispiaciuta per niente. Certo, non hanno la classe di Sloane (gran personaggio della Sezione 31 di DS9) però, in questo contesto è una gruppo che funziona. La trama non mi è dispiaciuta. E anche il finale ha il suo perché. Non rovina assolutamente ciò che sappiamo dell’universo dello Specchio del periodo DS9. Rachel Garrett mi è piaciuta molto. Il suo grado mi conferma il periodo storico a cui avevo pensato.
Grandissimo il capo della squadra (che condivide lo schermo con l’imperatrice in maniera impeccabile secondo me).
E la sua storia sì unisce ad un altro famoso gruppo della storia Trek, i Potenziati.

Cosa mi è piaciuto meno?
Perché non può mai essere tutto perfetto o come lo vorremmo.
La data stellare, unico riferimento temporale dello svolgere della storia (viene anche citato il 2257 come l’ultima volta che era apparsa l’imperatrice) è più vicino alle avventure di Kirk della TOS piuttosto che al periodo in cui è vissuta Garrett. Secondo me, data stellare buttata lì.
Il tempo sullo schermo concesso alla Deltana è stato, secondo me, troppo breve. Finalmente un’altra esponente di quella razza dai tempi di TMP e la bruci in quel modo. Peccato.

Sentir chiamare il “distributore di missioni” con il nome “Controllo” mi ha fatto venire i brividi. Letteralmente. Perchè mi ha riportato a “Controllo” di Discovery. E nel finale di quella stagione si diceva che la Sezione 31 sarebbe stata riorganizzata. Quindi quel nome doveva sparire. Peccato anche qui.
Il finale invece mi è piaciuto con la formazione della nuova squadra, con l’apparizione di Jamie Lee Curtis (grande acquisto per l’universo Trek), e con quel “nuova missione” che mi fa sperare in un secondo film se non, come vorrei, l’inizio di una saga di 3-4 film targati “Sezione 31”.
Quindi, come dicevo prima: La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!

Ultimo pensiero.
Certo, il classico Star Trek con ufficiali federali, navi con sezione a disco e gondole di curvatura non si vede, come non si vedono gli ufficiali della Flotta che risolvono la situazione con aggiunta di principi e morale dei buoni (come è giusto che sia quando la storia la raccontano dal loro punto di vista). Ma secondo me la morale, la positività, le redenzione, il fare la cosa giusta e la filosofia tutta vulcaniana “L’esigenza dei molti, conta più di quella dei pochi” ci sono tutte. Basta guardare attentamente.
Per me voto 9!
😊🖖😊🖖

di Michela Barotto

Ho visto Section 31 il giorno stesso dell’uscita in streaming.
Volevo scriverci una recensione, ma mi ero data l’impegno di scriverla solo dopo una seconda visione.
C’è stato però un problema, non avevo nessuna voglia di rivedere quel film!
Per questo ho impiegato tanto tempo per scrivere questo articolo, e il film non l’ho rivisto, magari lo farò fra qualche mese, a bocce ferme e mente libera.

Alla fine della prima visione avevo in mente una sola domanda: ma perchè?!?
Coscientemente non coltivavo grandi aspettative, avevo visto un trailer e si capiva abbastanza bene che genere di film sarebbe stato: azione e grandi scene erano protagonisti, e mi poteva anche andare bene.
Non ho mai osteggiato l’idea di una sezione segreta nella Federazione Unita dei Pianeti, solo che qui i membri di Sezione 31 sembrano più la Suicide Squad (lo so, non è un paragone molto originale, siamo stati in parecchi ad avere questa impressione).

L’incipit è interessante e ci fa capire come Philippa è diventata imperatrice, cosa ha dovuto affrontare e cosa ha sacrificato, in che società è nata e cresciuta.
Poi la storia si fa debole e abbastanza prevedibile, i dialoghi sono poco consistenti e i personaggi per nulla accattivanti. Alla fine del film non ricordavo nessuno dei loro nomi, a parte la nota Imperatrice Philippa Georgiu, che ho apprezzato molto di più nella serie Star Trek Discovery.
A dispetto del titolo nel film, la Sezione 31 è la grande assente, relegata a semplice espediente per mettere insieme una squadra di personaggi improbabili e poco approfonditi a cui dare una missione altrettanto improbabile (era davvero necessario inserire una giovane Rachel Garrett?).
E’ mancata a mio parere l’essenza stessa della Sezione 31, un’agenzia segreta che “non esiste”, che agisce elegantemente in secondo piano, senza che tu ti accorga di nulla.
E invece ne è uscito una storia fracassona.
E’ evidente che sia stata (malamente) condensata in un’ora e mezza un’idea nata per una mini serie; il finale è aperto tanto da sembrare un pilot.
Forse sperano in un sequel?
Spiazzante la colonna sonora, molto vicina al nostro tempo come genere e stile.
Una scelta che non condivido ma che non è tra le peggiori prese per questo film.
La regia è parsa confusa.
In conclusione, con una storia che sarebbe brutta anche per un film di serie B difficilmente si raggiungono nuove generazioni di spettatori e allo stesso tempo si scontenta il fandom storico. Eh no, non basta un cameo spettacolare sul finale per salvare capra e cavoli.
Un’occasione mancata.

P.S. Ringrazio Marzia Trapolino per la sua osservazione sul nome adottato da Philippa nella veste di proprietaria di un locale notturno: “Se Véronique du Frank è un omaggio, sono già innamorata 🥰 (Veronica Franco era la più famosa cortigiana veneziana del 1500)”.
Una coincidenza? …io non credo…

Alien: Romulus

Alien: Romulus

Titolo originale:
Alien: Romulus

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2024
Regia: Fede Álvarez
Sceneggiatura: Fede Álvarez, Rodo Sayagues
Produttore: Ridley Scott, Michael Pruss, Walter Hill
Casa di produzione: 20th Century Studios,

Interpreti e personaggi

Cailee Spaeny: Rain Carradine
David Jonsson: Andy
Archie Renaux: Tyler
Isabela Merced: Kay

 

Spike Fearn: Bjorn
Aileen Wu: Navarro
Trevor Newlin: Xenomorfo
Robert Bobroczkyi: Offspring

di Gabriele Manenti

Ambientato tra il primo e il secondo capitolo della saga questa pellicola che rimane a se stante e non sarà la prima di molte a detta dei produttori, ma ” mai dire mai” è un concentrato di citazioni e rimandi che sono tutt’altro che forzati ma piacevolmente ben inseriti.

La protagonista Rain parte insieme a un gruppetto di amici per il recupero di un relitto fluttuante nello spazio, ma per loro sfortuna proprio quel vascello tempo addietro recupera nello spazio circostante la Nostromo, si quella nave… un bozzolo fluttuante che conteneva uno xenomorfo.

Potete immaginare come continui la storia però il regista riesce a gestirla dando ampio respiro al rapporto tra i protagonisti e il loro desiderio di sfuggire ad una realtà asfissiante e cupa fatta di lavoro e stenti, il tutto rappresentato da atmosfere all Gigger,
chiariscuri e tenebre che nascondo tutto e fanno esaltare le luci ei colori saturi della pellicola in maniera quasi alienante,
rappresentando un tipo di fantascienza già conosciuta, vedi Atmosfera Zero su tutti, che non risulta stucchevole ma accomodante.

La voglia di riscatto e di ribellione allo status quo è il classico canovaccio che da il via alla storia, che pur non essendo originale diverte e non annoia e solo sul relitto si svela aumentandone il ritmo.

Le dinamiche e la fotografia sul vascello sono quelle che fanno da firma al franchise, ombre, sagome e colpi di scena con
sistemi di condotti d’aria, manganelli stordenti, sensori di movimento, un sintetico morto, dei lanciafiamme e una buona dose di “splatter computer graphic” ed effetti old school un chiaro omaggio alla pellicola originale di Ridley Scott.

Quindi?

Ci sono gli xenomorfi, un equipaggio da fare a pezzi, la Nostromo, la “Corporation” e una eroina cazzuta, direi che la ricetta nella sua semplicità è riuscita facendomi venir voglia di un rewatch della saga!
Ovviamente escludo i Prometeus e il suoi sequel, troppo distanti a mio parere dal vero dna del franchise.

Kronos One

di Alessio Candeloro

I giorni dell’Onore. Solo così si possono definire i tre giorni della Starcon appena conclusa.
La Kronos One è stata visitata da praticamente tutti i frequentatori della convention.
Ogni tanto spuntavano anche gli ospiti della Starcon al nostro banco come Leonardo Patrignani, Richard Price e quel vulcano di energie e grande cantante di Harry Waters Jr., Vi ricorderete di lui per aver interpretato il mitico Marvin Berry di Ritorno al Futuro.

La nostra associazione ha tenuto ben due conferenze durante la tre giorni della kermesse di fantascienza.
Una, molto ben articolata, sulla musica klingon tenuta da Claudio Sonego.
La conferenza ha cercato di capire in che modo sia stata creata la musica klingon comparando alcuni generi musicali a cavallo tra 19° e 21° secolo. Inoltre, non solo ha cercato di “spiegare” la musica che i klingon ascoltano nelle varie serie, ma si è anche soffermato sulle colonne sonore utilizzate per i klingon in tutte le serie e i film. Insomma, una conferenza a tutto tondo e davvero interessante.

 

La seconda conferenza, tenuta da Alessio Candeloro, verteva su qualcosa di diverso.
Partendo da una premessa fantasiosa, l’autore ha descritto la possibilità di dare una occhiata ad universi paralleli al nostro. Ovviamente lo strumento per vedere questi universi, il Cronovisore Multiversale, è stato creato dai servizi segreti klingon.
Nell’ora a disposizione si è parlato di 4 universi diversi che questo dispositivo ha mostrato con molto divertimento da parte del pubblico.
È stato divertente creare questi universi alternativi usando, come succede in alcuni episodi di Star Trek, alcuni personaggi per vederli in modo diverso. Essendo una associazione klingon la narrazione degli universi si sono concentrate sugli eventi che hanno coinvolto l’Impero e i suoi abitanti, specie i più famosi.

Ma la Kronos One non è solo conferenze. I nostri soci si sono anche vestiti e truccati da Klingon passeggiando tra i partecipanti nelle varie sale e corridoi del Palazzo del Turismo di Bellaria dove si svolgeva la convention.
Ma non ci siamo limitati a quello. Il sabato sera c’è stata l’Invasion Bellaria e i klingon non potevano mancare. E ci siamo fatti anche la foto con il Sindaco!

.

Altre attività della Kronos One che abbiamo proposto alla convention sono state:

  • Il “Quiz Klingon” tlhIngan qaD, che con le sue 25 domande di difficoltà crescente, mette sempre a dura prova i partecipanti che provano a rispondere a tutti i quesiti., vinto da Marco Bacci che ha risposto correttamente a 21 domande, complimenti!
  • Le lezioni di bat’leth, la spada klingon, che quest’anno hanno visto l’aggiunta del mok’bara, l’arte marziale di Kronos e anche una piccola spiegazione sulla costruzione e sul come utilizzare la bat’leth e l’affinità con alcune armi di altre specie del quadrante alfa.
  • La lezione di lingua e (quest’anno) canto Klingon che tanto ha fatto divertire. A detta di tutti: Peccato che fosse una sola lezione. Il Professore Davide Candeloro ha davvero creato una lezione divertente e coinvolgente. Molte le risate e, come dice l’insegnante, gli sputacchi; “Perché, se vuoi parlare klingon devi sputacchiare.”
  • Il klinzha, il gioco da tavolo di strategia che dà il nome alla nostra associazione
  • Il concorso di Fantamodellismo che ci sorprende sempre con i modelli proposti, di cui trovate la photogallery e i vincitori qui.

E ora passiamo alle sensazioni.

Quelle provate durante questa Kronos One sono state davvero molte.
Nonostante i locali del Palazzo del Turismo fossero più piccoli di quelli a cui siamo stati abituati negli anni, hanno reso questa convention, e non parlo solo per il gruppo I.K.S., più intima, più unita e meno dispersiva. Era tutto compatto ma questo credo sia stato uno dei punti forti.

Ma tornando alle sensazioni possiamo dire che è stato davvero bello girare per la convention con il costume klingon e fare foto con i fan.
Se dovessi descrivere il momento più bello sarebbe sicuramente il seguente:
Stavo girando per le sale e sulle scale quando incrocio una donna che mi si avvicina. Penso subito all’ennesima foto che mi verrà richiesta e dovrò sfoggiare il mio miglior grugnito klingon. E invece mi fa una richiesta a cui non avevo minimamente pensato.
“Potresti venire fuori a fare una foto con le mie nipotine? Stanno arrivando e vorrei che facessero la foto con te. Posso chiederti un favore?”
“Certo”
“Potresti sorridere? Così non si spaventano. È la loro prima convention.”
Così esco con lei e vedo che ci arrivano incontro due genitori e le nipotine della donna che mi ha chiesto la foto.
Pensavo si sarebbero un po’ spaventate in effetti, ma invece si sono avvicinate, mi hanno salutato e stretto la mano.
Essendo un onorevole klingon devo dirvi che ho fatto il klingon più allegro e buono del solito ma solo perché con i bambini anche i klingon diventano più pucciosi. Ma non ditelo a nessuno.

È stata una bella esperienza e una bella sensazione fare le foto con quelle bimbe che vedevano questo klingon grande e grosso e non si spaventavano. Spero che abbiano apprezzato anche il resto della Kronos One e della Starcon. Chissà, magari l’anno prossimo torneranno a farsi una foto con me e tutti gli altri klingon di I.K.S.

Come ogni anno, verso fine convention, abbiamo premiato i vincitori dei vari concorsi che si sono svolti alla Starcon durante un panel dedicato.
Alla cena di gala della domenica sera, il tavolo di I.K.S. è stato uno dei gruppi più casinisti di tutti (come da tradizione).
Brindisi, canzoni klingon e tante risate. Con Harry Waters Jr., che ogni tanto passava dal nostro tavolo come un vero intrattenitore, abbiamo gridato molti “Qapla’!!” e con Robert Picardo, il MOE della Voyager, abbiamo intonato una canzone che si ricordava di aver cantato in un episodio di Star Trek: Voyager, la “Drinking klingon song”. È stato davvero fantastico.

E poi, purtroppo, anche per questa edizione è giunta la fine. Il pubblico è andato via, gli ospiti anche e tutta la roba è stata riposta negli scatoloni.
Il lunedì mattina siamo ripartiti per tornare a casa felici e tristi allo stesso modo.
Felici perché la Kronos One e la Starcon sono andate bene e ci siamo molto divertiti. Tristi perché era finita.
A volte tre giorni volano più velocemente di quanto uno vorrebbe. La Kronos One è una di quelle cose.
Ma sapete qual è la cosa bella? La cosa che più ci fa tornare il sorriso?
Che la Kronos One e la Starcon saranno lì ad attenderci il prossimo anno.
Questo vale per noi che animiamo la convention e vale anche per tutte quelle persone che verranno a trovarci.
Qapla’!

Fallout

Fallout

Titolo originale:
Fallout

Lingua originale: Stati Uniti d’America
Paese: USA
Anno: 2024
Ideatori: Geneva Robertson-Dworet, Graham Wagner
Produttore: Jonathan Nolan, Lisa Joy, Geneva Robertson-Dworet, Graham Wagner, Athena Wickham, Todd Howard, James Altman, Margot Lulick, James W. Skotchdopole
Casa di produzione: Kilter Films, Big Indie Pictures, Bethesda Game Studios, Amazon MGM Studios
Trasmissione ITA: Amazon

Interpreti e personaggi

Ella Purnell: Lucy MacLean
Aaron Moten: Maximus
Kyle MacLachlan: Hank MacLean
Moisés Arias: Norm MacLean
Xelia Mendes-Jones: Dane
Walton Goggins: Cooper Howard/il Ghoul

 

 

di Gabriele Manenti

Uno show post-apocalittico che narra le vicende di Lucy, Ella Purnell cresciuta nel Vault 33, uno dei tanti rifugi antiatomici costruiti dalla Vault-Tec oltre 200 anni fa al fine di preservare lo spirito di adattamento dell’America pre-Grande Guerra, che non ha mai conosciuto la vita al di fuori delle sue impressionanti mura di acciaio e cemento.

Lucy è costretta a esplorare la superficie alla ricerca del padre scomparso ed è decisamente impreparata per un’avventura nella California distrutta che la attende fuori dal caveau.
E’ il modo in cui la Purnell riesce a portare sullo schermo un personaggio ottimisticamente ingenuo che è fonte di molte battute, ma soprattutto è il punto di partenza di un arco narrativo coinvolgente: vivere in un mondo di bugie e di inganni dove la vita è a buon mercato.
Sebbene Fallout abbia dei cattivi ben disegnati che si nascondono nell’ombra, il vero antagonista è la terra desolata stessa che ti abbatte, ti mastica e chiede sempre di più.

“La guerra. La guerra non cambia mai”.
È la frase con cui ogni episodio ludico della serie di giochi di ruolo Fallout, si apre da ormai 26 anni

Ogni episodio racconta la propria storia dall’inizio alla fine – come l’incontro di Lucy con il raccoglitore di organi o l’incontro con una salamandra gigante mutante, anche se queste sono chiaramente parti minori di un insieme più grande, funzionano comunque come storie soddisfacenti a sé stanti. In altre parole, la serie è strutturata come una catena di missioni RPG, pur sempre da un video gioco è ispirata la serie, che donano di ritmo diverso rispetto a molte altre serie in streaming.

Una delle sfide più grandi che Fallout ha dovuto affrontare è stata quella di trasformare il mondo dei giochi in un universo live-action. Grazie ad Amazon e ai suoi “big money” e a talentuosi designer di produzione, Nolan, Joy e gli showrunner Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner hanno fatto un lavoro ammirevole. Si tratta di un’apocalisse molto reale, piena di stranezze colorate e con la colonna sonora dei migliori successi degli anni Cinquanta. Ogni spazio è pieno di personalità, in gran parte dovuta alla sorprendente attenzione ai dettagli di tutti gli oggetti, le armi e l’iconografia tipica del videogames ma soprattutto di quegli anni.
Le bottiglie di Nuka Cola riempiono gli scaffali, i personaggi si curano con gli stimpack e il Vault 33 è praticamente perfetto centimetro per centimetro, fino agli interruttori di emergenza. Non è necessario conoscere i giochi per apprezzare il lavoro svolto, ma se lo si conosce c’è molto da amare, l’armatura T-60 della Confraternita d’Acciaio per lo più reaizzata da prop maker con pochi effetti digitali è una vera chicca

Le storie di Fallout sono in grado di catturare l’umorismo, la satira e di dare il giusto peso all’argomento della serie, il tutto senza appoggiarsi a una storia preesistente. Avrebbe potuto essere una replica in live-action di personaggi e scene già viste, si pensi ad Halo di Paramount+, invece è una storia fresca ed essenziale che utilizza il mezzo televisivo per arricchire l’universo di Fallout per i fan più accaniti e per dare il benvenuto ai nuovi spettatori.

Ben costruito, i protagonisti viaggiano attraverso trame collegate tra loro che portano a un epilogo emozionante, brillante e divertente, pieno di battute cupe e di esplosioni ultraviolente, Fallout si colloca insieme a The Last of Us tra i migliori adattamenti di videogiochi mai realizzati.

Rebel Moon

Rebel Moon

Titolo originale:
Rebel Moon
Part one: A child of fire

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: Zack Snyder,Shay Hatten, Kurt Johnstad
Produttore: Zack Snyder, er, Wesley Coller, Eric Newman, Deborah Snyder
Casa di produzione: Grand Electric, The Stone Quarry
Trasmissione ITA: Netflix

Interpreti e personaggi

Sofia Boutella: Kora
Michiel Huisman: Gunnar
Charlie Hunnam: Kai
Djimon Hounsou: Generale Titus
Staz Nair: Tarak Decimus
Doona Bae: Nemesis
Ray Fisher: Darrien Bloodaxe

 

Cleopatra Coleman: Devra Bloodaxe
E. Duffy: Millius
Jena Malone: Harmada
Ed Skrein: Atticus Noble
Fra Fee: Balisarius
Ingvar Eggert Sigurðsson: Hagen

di Gabriele Manenti

Nulla di nuovo sul fronte occidentale… Snyder non si discosta neanche un millimetro da quel canone che noi tutti associamo alle “space opera” chiare le ispirazioni ad Asimov, Dune, Blade Runner ed altro, ovviamente pur non essendo un prodotto scadente, non ci si avvicina minimamente.
La storia inizia con un contesto rurale dove la voce narrante descrive un universo governato da un brutale totalitarismo, un potere feudale corrotto in un mondo governato “dai mille re” fino all’insurrezione con il conseguente sterminio della casa reale e l’ affermarsi di un “regime dispotico”.
Su una luna , una comunità di contadini che professano il “vero lavoro a mani nude” festeggiano il raccolto in una grande festa ma vengono interrotti dall’ arrivo di un’astronave dell’ impero, costituito dopo la caduta dei regnanti, che occupano con la violenza le loro terre. Kora (Sofia Boutella), un membro di alto rango di quello stesso esercito, si è nascosta in quella comunità dopo la diserzione ma da li a poco non riesce a sopportare tutto quel male e quella violenza e decide di radunare una squadra di combattenti da tutta la galassia per proteggere la sua patria adottiva. (magnifici 7 portami via…)

Boutella interpreta una personaggio molto forte e arcigno ma capace di esprimere fragilità e fascino e i punti forti della pellicola finiscono qui, il resto della crew non è assolutamente presentata ed integrata a dovere nella storia, sembrano capitati sul suo percorso, anche se la storia ci racconta altro;

il lavoro di Snyder è sotto tono, una sceneggiatura banalotta e raffazzonata, una storia annacquata che non rispetta i presupposti iniziali e nemmeno le riprese “alla Snyder” e le immagini di battaglia al rallentatore che non sono mai all’altezza di Watchmen, Justice League o Sucker Punch danno un po’ di brio al tutto.

Originariamente presentato come progetto per una nuova trilogia di Guerre Stellari, e non considerato, è una fievole copia di quest’ultimo ma non del tutto da scartare, il cast, la fotografia e le atmosfere che fanno parte della nostra cultura fantascientifica ne fanno comunque un prodotto gradevole, se mai faranno il seguito vale la pena dargli una possibilità.

The Marvels

The Marvels

Titolo originale:
The Marvels

Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Nia Da Costa
Sceneggiatura: Nia DaCosta, Megan McDonnell, Elissa Karasik
Produttore: Kevin Feige
Casa di produzione: Marvel Studios
Trasmissione ITA: Sky Atlantic

Interpreti e personaggi

Brie Larson: Carol Danvers / Captain Marvel
Teyonah Parris: Monica Rambeau
Iman Vellani: Kamala Khan / Ms. Marvel

 

Zawe Ashton: Dar-Benn
Gary Lewis: Imperatore Dro’ge
Park Seo-joon: Principe Yan

di Gabriele Manenti

Carol Danvers più umana di quello che ci si aspettasse, in questa pellicola fa i conti con se stessa e le conseguenze delle sue azioni sul pianeta Hala, ovvero la distruzione della Suprema IA che lo governava.

Il pianeta sta morendo e spinge la brava ma poco credibile controparte Dar-Benn, interpretata da Zawe Ashton, sopravvissuta alla guerra civile Kree a cercare nuovo sostentamento rubando “l’essenza” di pianeti vicini tra i quali la nuova casa dei Skrull… che tanto per cambiare saranno vessati ancora una volta, né Carol Danvers né Nick Fury faranno qualcosa di concreto e veramente definitivo per loro.

Questa è la storia in back ground, mentre in “superficie” si dipanano oltre a quella di Capitan Marvel anche quelle delle altre due protagoniste che portano avanti, seppur in maniera slegata e a volte caotica le proprie story line per degli epiloghi, dopo i titoli di coda, molto importanti.
Monica Rambeau (Teyonah Parris) è brillante e audace come sempre e Ms. Marvel (Iman Vellani) ruba prevedibilmente la scena con lunghe e godibili sequenze action e quella capacita sopratutto mimica di farti ridere e sorridere, e ricordiamolo i fumetti servono anche a questo.

Il più grande punto di forza di The Marvels è sicuramente l’ensemble, ma la comicità è al secondo posto un team-up per fermare un piano di vendetta intergalattico, una principessa disney (più di questo non dico) una famiglia strampalata, il mentore Nick Fury e la mascotte, direi che come “dotazione” standard siamo più che a posto.

Personalmente accetto che ci siano delle parti narrative leggere e a volte stupide, ma in questo film andiamo un po’ oltre, la storia è sempliciotta e i puzzle narrativi paralleli sono strani, sciocchi o superflui, se non inutili.
Non parlo di flop ma si è andati ben lontani da quello che poteva essere il vero senso della pellicola, un episodio di una sitcom con quel non so che di imbarazzo che ti fa stare li fino alla fine per vedere dove ci si spinge e quale limite si son posti sceneggiatori e regista.