
Star Trek: Discovery: 4×05

di Alessio Candeloro














di Alessio Candeloro
Titolo originale:
Doctor Who
Paese: Inghilterra
Anno: 1963 – in corso
Stagioni: 39
Episodi: 869 (dato in aggiornamento)
Produttore: vari
Casa di produzione: BBC, BBC Wales
Trasmissione ITA: Rai 1, Rai 4, Jimmy
William Hartnell – 1° dottore
Richard Hurndall – 1° dottore
David Bradley – 1° dottore
Patrick Troughton – 2° dottore
Jon Pertwee – 3° dottore
Tom Baker – 4° dottore
Peter Davison – 5° dottore
Colin Baker – 6° dottore
Sylvester McCoy – 7° dottore
Paul McGann – 8° dottore
John Hurt – War Doctor
Christopher Eccleston – 9° dottore
David Tennant – 10° dottore
Matt Smith – 11° dottore
Peter Capaldi – 12° dottore
Jodie Whittaker – 13° dottore
di Gabriella Cordone Lisiero
Il titolo della serie televisiva di fantascienza più longeva e di successo (detiene il Guinness dei Primati) dice tutto: “Dottore chi?” Una domanda la cui risposta è allo stesso tempo semplicissima e complessa.
È infatti un po’ problematico illustrare a chi non la conosce cosa sia questa serie TV, il cui primo episodio venne trasmesso il 23 novembre 1963 e che, dunque, nel 2013 compirà ben 50 anni. Per provarci cito le parole di David Tennant, uno dei più apprezzati interpreti della serie:
“Doctor Who è difficile da spiegare senza sembrare folli. Io direi… guardatevi un episodio, a quel punto avrà tutto perfettamente senso! Non posso spiegarlo, non sarebbe la stessa cosa.”
Insomma, guardatelo e capirete! È vero, però si può tentare di fare di meglio! Neil Gaiman, autore di storie eterne come Sandman, American Gods e Coraline e anche sceneggiatore di un episodio di Doctor Who, descrive così la serie:
“C’è una cabina blu, più grande all’interno che all’esterno. Può viaggiare dovunque nel tempo e nello spazio e a volte arriva proprio dove dovrebbe.
E quando arriva, c’è un tipo chiamato il Dottore, e qualcosa andrà storto. Lui farà del suo meglio per rimediare e probabilmente ci riuscirà perché è fichissimo.”
Gaiman dà qualche indizio in più, ma anche lui non fa piena chiarezza. Torniamo indietro, allora, e cerchiamo di capire che serie sia Doctor Who leggendo la primissima presentazione apparsa su Radio Times (il Sorrisi e Canzoni britannico) quando la serie partì nel 1963.
“Doctor Who? Doctor Chi? È proprio questo il punto. Nessuno sa di preciso chi sia questo misterioso esule che viene da un altro mondo e da un futuro lontano le cui avventure cominciano oggi. Quello che si sa è che possiede una cabina con la quale può viaggiare nello spazio e nel tempo, anche se (a causa di un difetto della strumentazione) non è mai sicuro di dove effettuerà i suoi ‘atterraggi’. Insieme a lui viaggia la nipote Susan, una strana mistura tra normalità adolescenziale e intelligenza strabiliante. La curiosità degli insegnanti di Susan li porterà inevitabilmente a intrecciare le loro vite con gli strani viaggi del Dottore e i quattro viaggiatori, nelle storie seguenti, si troveranno in ogni punto del tempo: passato, presente e futuro. Visiteranno una galassia distante dove la civiltà è stata distrutta dalla bomba al neutrone o si troveranno a viaggiare verso il Catai insieme a Marco Polo. L’intero cosmo è la loro casa.”
In queste parole, finalmente, c’è la summa di quello che è Doctor Who: un esploratore alieno dello spazio e del tempo che se ne va in giro per l’universo insieme a dei compagni umani capitati con lui per caso o scelta su un veicolo spazio-temporale. Semplicissimo e complesso allo stesso tempo.
L’ambientazione della serie è quindi ampissima e in effetti non si può definire come pura fantascienza, o fantasy, o educativa… perché è tutte queste cose insieme. Di sicuro le storie narrate nel corso di questi quasi 50 anni hanno portato gli spettatori a capire che sono due le grandi “categorie” di avventure della serie: quelle di ambientazione storica e quelle di ambientazione spaziale. Le prime sono quelle in cui Dottore e compagni incontrano veri personaggi storici (da Marco Polo a Charles Dickens, dalla Regina Nefertiti al presidente Nixon), le seconde quelle in cui gli autori si divertono a inventare gli alieni più disparati, “mostri” della settimana che prendono forma di insetti, blob gommosi, piante senzienti, ragni giganti, robot alieni e chi più ne ha più ne metta. Il tutto condito con classiche storie di invasioni aliene sulla Terra. A volte la narrazione presenta pericoli solidamente legati alla Storia (gli Aztechi e i loro sacrifici umani, la seconda guerra mondiale), a volte presenta ostacoli bizzarri e divertenti (un alieno “assorbipersone” o manichini da vetrina che prendono vita), ma sempre con un misto di terrore, meraviglia e umorismo.
La serie è nata, e continua ad essere, un prodotto destinato alle famiglie con bambini e, in puro stile britannico, è strutturata per far prendere dei “sani spaventi” ai piccoli. L’uomo nero delle favole è l’ispirazione principale per la creazione degli alieni di Doctor Who che devono spingere i bambini a nascondersi dietro al divano, protetti dai loro genitori che si divertono con loro. Come tutti i buoni prodotti per ragazzi, però, anche Doctor Who ha molti livelli di lettura, morali, scientifici e storici, che possono intrigare anche gli spettatori adulti. Il fatto che il Dottore sia un alieno (un Signore del Tempo, per essere esatti) lo porta infatti spesso e volentieri a essere un giudice spietato dei comportamenti negativi dell’umanità, ma anche un feroce sostenitore delle qualità migliori degli esseri umani, tanto che la Terra è di fatto la sua seconda casa. La “morale della favola” c’è in quasi tutte le avventure del Dottore, che spesso diventa il fautore di eventi cruciali (positivi o negativi, storici o inventati) della storia umana.
L’unica cosa che potrebbe rivelarsi insoddisfacente per i palati che amano la fantascienza più rigorosa è proprio la scienza, che viene spesso e volentieri piegata alle necessità narrative. Non aspettatevi la plausibilità di uno Star Trek, insomma, perché da questo punto di vista Doctor Who scatena la fantasia quasi senza limiti. E lo fa a partire dalle due caratteristiche fondamentali della serie, che bisogna tener presente quando si voglia cominciare a vederla: il Dottore non ha sempre la stessa faccia e la tecnologia dei Signori del Tempo… è più grande all’interno.
Doctor Who ha avuto molti interpreti, ma un solo personaggio protagonista: il Dottore. L’unico e il solo. Anche se non è immortale, il Dottore ha più di mille anni, perché, come tutti i Signori del Tempo, può rigenerarsi. Se vicino alla morte, può decidere di usare le energie residue per cambiare ogni singola cellula del proprio corpo e “rinascere” trasformandosi in un altro uomo, con fattezze diverse e anche con una personalità leggermente diversa. I ricordi restano, il volto e il corpo cambiano. Questa è uno dei “trucchi” per cui Doctor Who ha potuto vivere così a lungo come serie: quando il primo attore interprete del Dottore decise di lasciare la serie per dedicarsi ad altro i produttori decisero di non sostituire il personaggio, ma solo il suo interprete. Una mossa che si rivelò non solo vincente, ma fondamentale per lo sviluppo della serie e ne divenne una delle peculiarità. Ogni attore, nel corso dei decenni, ha vestito i panni del personaggio in modo diverso rinnovando la serie a scadenza di tre o quattro anni. Stessa cosa per i compagni che, pur non rigenerandosi, si sono susseguiti a bordo del Tardis ognuno con le proprie personalità. Questo continuo rinnovamento ha mantenuto la serie fresca e originale.
La tecnologia “più grande all’interno” fa del Tardis una delle astronavi più iconiche della storia della fantascienza. Trascendendo i limiti dimensionali, infatti, questa astronave immensa (non si contano i corridoi e le stanze, tra cui una libreria, una piscina, un guardaroba…) si presenta come una semplice cabina blu della polizia britannica di poco più di un metro quadrato di base e un paio di metri d’altezza. Una cabina che, negli anni sessanta quando la serie partì, era veramente presente nelle strade del Regno Unito e che è diventata il secondo protagonista della serie. Anche il Tardis (o meglio… la Tardis, perché è un’astronave, e come tale femmina) si rigenera, cambiando il proprio aspetto interno (e nei dettagli anche esterno) e rinnovandosi dunque per le diverse generazioni di appassionati che si susseguono davanti allo schermo.
Senza entrare ulteriormente nei dettagli, concludo dicendo che, pur con i normali alti e bassi di qualsiasi produzione televisiva, Doctor Who si è dunque mantenuta fresca e giovane, rigenerandosi come il suo protagonista tanto da tagliare un traguardo finora riservato solo alle soap opera. Cinquant’anni di buona televisione di fantascienza, che acquista anno dopo anno sempre più appassionati e che oggi torna a visitare l’Italia… conquistandola questa volta! Se nel 1980 il passaggio del Dottore sulla nostra TV si lasciò dietro una piccola nicchia di appassionati, oggi sono migliaia i fan che si appassionano alla serie e alla sua lunga storia. Anche perché, al contrario di una soap, si può cominciare a vedere Doctor Who in qualsiasi momento, a partire da qualsiasi episodio. A parte rarissime eccezioni, infatti, non ci sono cose che bisogna sapere per godere delle avventure del Dottore (in una qualsiasi delle sue versioni) e dei suoi compagni d’avventura. Insomma, anche se gli episodi in onda in questo periodo sono interpretati dalla “faccia numero Undici” del Dottore, non è necessario conoscere le altre dieci per cominciare a guardare Doctor Who!
Se poi siete curiosi e volete “studiare” prima di guardare qualcosa, il sito dei “Doctor Who Hermits United” è nato proprio per questo: un riferimento in italiano con tutte le sinossi di tutte le avventure finora vissute dal Dottore, con pagine sui nemici più ricorrenti e sui compagni. Un sito continuamente in aggiornamento, anche se lento, da cui potrete poi (se vorrete) accedere anche ai luoghi virtuali di incontro tra appassionati. Buona visione! www.doctorwhoitalia.it
pubblicato su Fantazone n° 24 – febbraio 2013
immagine di copertina: www.deviantart.com/vvjosephvv/art/Doctor-Who-Poster-2-801813899
di Alessio Candeloro
di Alessio Candeloro
di Alessio Candeloro
Buongiorno Trekker.
Come promesso eccomi con le mie consuete recensioni sugli episodi. Bando alle ciance e partiamo col parlare di Discovery 4×01 “Kobayashi Mary” e 4×02 “L’anomalia”.
La quarta stagione comincia alla grande spiegandoci come la Federazione si stia ricomponendo piano piano. Sempre più mondi rientrano nell’alleanza. Tranne Ni’Var, il nostro caro, vecchio Vulcano (più i romulani) se ne sta ancora sulle sue, come disse una volta O’Brien “in finestra”. Però in caso di bisogno (specie dal punto scientifico) è pronto a dare una mano. Dopo che Burnham e Book aiutano gli Alshain, con un riluttante Imperatore Lee’U che si arrabbia di brutto quando sente che la “Regina” Ruggine (Leeu è anche il nome di uno dei gatti che interpretano Ruggine) è stata addomesticata (geniale il riferimento al poema di Data dedicato a Spot, felix catus), si recano al quartier generale della Flotta Stellare. Qui facciamo la conoscenza della nuova Presidente della Federazione Laira Rillak, un ibrido umano/bajoriano/cardassiano che inaugura la riapertura dell’Accademia della Flotta Stellare dopo 125 anni (dal “the Burn”). E qui mi sorge una domanda. Se l’Accademia è chiusa da 125 anni, tutti gli ufficiali della Flotta visti da quando la Discovery è nel futuro, da dove arrivano? Chi li addestra? Boh. Va beh dai, non preoccupiamocene.
Viene anche inaugurato il nuovo bacino spaziale Archer, con tanto di musichetta di ENT che, diciamolo, ha fatto tutti emozionare (e ad alcuni è scesa anche la lacrimuccia 😢.
Poi, siccome stava andando tutto troppo bene, arriva una richiesta di aiuto da una lontanissima base della Federazione: Deep Space Repair Beta Six.
Allora. Tempo che lo dici tutto è finito l’episodio. Poi, io ogni volta che sento Deep Space spero sempre di sentire Nine. E dai su sceneggiatori, avete reso omaggio alla Voyager, a Nog, ad Archer, fate un piccolo sforzo e fatelo anche per DS9.
Comunque, essendo lontanissima (ma visto il casino successo 125 anni prima bisogna per forza fare le basi così lontano che tanto non le potevi raggiungere? Bah) solo la Discovery può raggiungerla e portare soccorso.
E a questo punto credo che la maggior parte dell’equipaggio della nave farà richiesta di trasferimento. Succede un casino e chi manda l’ammiraglio? La Discovery ovviamente.
Arrivati sul posto vedono questa stazione che gira come una trottola nello spazio. Una immensa (ma non si sapeva ancora quanto grande) distorsione ha distrutto cose e spinto la stazione. A bordo troviamo il comandante Nalas, nativo di Akoszonam. Praticamente uno che non vede il suo pianeta da anni (forse fare una base così lontano, visto che non si esplorava e non avevi dilitio, era inutile). Tra l’altro non è la prima volta che vediamo questa specie. Nello Short Trek “Children of Mars” (che vi consiglio di vedere perché è stupendo), una delle bambine protagoniste, Kima, è originaria di quel pianeta.
Basta divagare Ale. Avete ragione, scusate.
Ovviamente la Discovery, con una manovra EVA del suo capitano, che fa indispettire la Presidente che si trova a bordo della nave (perché sai, un neo eletto presidente dove decide di recarsi in un suo tipico giorno di lavoro? Su una nave che deve svolgere una missione di soccorso ad alto rischio visto che non si conosce la causa del problema), salva l’equipaggio della stazione, tra i quali un Luriano. Sarà più chiacchierone di Morn? Nel dubbio, anche a lui, non hanno fatto dire una parola.
Ma siccome la fortuna accompagna Nalas da decenni, muore schiacciato da dei detriti sul ponte dell’hangar della Discovery.
Burnham voleva salvare tutti e invece, come ci insegna il test della Kobayashi Mary, non sempre è possibile.
E qui scopriamo la vera ragione per la quale la Presidente Rillak è a bordo. Capire se Burnham poteva assumere il comando della nuova USS Voyager NCC 74656-J.
Dopo attenta valutazione da parte del Presidente (ma non dovrebbe essere il Comando di Flotta a decidere le nomine, le promozioni ecc del personale della Flotta Stellare? Altro boh) il nome della nostra eroina viene depennato dalla lista per il suo “bisogno patologico di salvare tutti visto il trauma infantile subito”. Che è un po’ come dire: “siccome vuoi salvare tutti non credi negli scenari senza via d’uscita”. Kirk ci ha costruito una carriera su quella convinzione. Evidentemente nel 3190 ricordano il test della Kobayashi Maru ma non l’unico (da quel che sappiamo) che l’ha superato.
P.S. Per chi se lo stesse chiedendo, dopo indagini, ho scoperto che Burham poteva essere benissimo a conoscenza del test visto che agli inizi del 2250 era già in uso all’Accademia.
Ora abbiamo un problema da risolvere. Quale anomalia ha fatto spostare la stazione, distrutto corpi celesti ecc? Dobbiamo scoprirlo.
Che voglio dire, ma non bastava il “the Burn” della scorsa stagione? Nel 32° secolo solo mega anomalie distruttive? Cioè ragazzi, fate un giro intorno al sole e andate in un altro tempo (si può fare. Episodio TOS “Domani è ieri” e il mitico film “Rotta verso la Terra”) perché qui solo casini.
Ma siccome non era ancora arrivata la parte emotiva in due episodi… Rullo di tamburi… Eccola:
Il pianeta Kwejian (che io continuo a sostenere essere il pianeta dove creano gli articoli di Decathlon) esplode a causa della stessa anomalia che aveva scagliato via la stazione che però era stata presa solo di striscio. Invece il pianeta viene preso proprio in pieno.
Book, molto probabilmente è l’unico sopravvissuto della sua razza.
Ma ogni disgrazia ci fa comprendere meglio l’universo. Quindi scopriamo che l’anomalia (grande 5 anni luce) si sposta. Una cosa così distruttiva volevi che rimanesse ferma? 😂😂😂 Ma no. Mettiamoci che ogni sistema stellare nella sua traiettoria potrebbe essere polverizzato.
Notare come questo accade appena dopo che dei pianeti si stanno riunendo alla Federazione.
Sarà forse un’arma di qualche nemico che non vuole che questo accada?
Lo pensammo anche la scorsa stagione col “the Burn”. E invece era stato un bambino kelpiano piagnone😔.
Quindi tranquilli ragazzi. Restiamo sull’anomalia naturale e iperdistruttiva e vedremo.
Ovviamente, per capire la traiettoria del fenomeno, bisogna recuperare i dati. Come fare?
Bisogna buttarcisi dentroooooo.
Va il nostro amico Book che ora ha un equilibrio mentale di uno col piede su una buccia di banana vicinissimo a un dirupo e, probabilmente, con tendenze suicide. Ma è capibile. Non solo ha perso tutta la sua famiglia, ma il suo intero pianeta. C’è gente che va in panico in maniera peggiore quando per qualche ora WhatsApp va in down. Momento di tensione. Forse muore. Forse rinsavisce. E, grazie alle parole di Burham e l’ologramma di Stamets che lo segue, si salva e torna con i dati.
Ma Tilly scopre che l’anomalia non segue una traiettoria lineare. Si sposta un po’ come le pare. Oggi vado lì, domani vado di là. Assomiglia ad un fenomeno incontrato dalla Voyager (l’ellissi di gravitoni). Tra l’altro, non si poteva chiedere a Zora (il computer della Discovery unita ai dati della Sfera vecchia di 100.000 anni) se un fenomeno simile è mai stato visto?
Ah, altro discorso sul prossimo corpo sintetico che avrà Gray. Inigo Soong type come quello di Picard. Uno dei pochi riusciti a detta di Culber. Ma così non si toglie una memoria al simbionte? Non si dovrebbe interpellare la commissione simbiotica?
Si rischia di creare un precedente pericoloso. Soprattutto per i simbionti. Boh.
In sostanza due episodi godibilissimi. E dopo aver rischiato di non vedere Discovery per 10 mesi, direi che possiamo essere contenti. Vediamo come evolve la situazione ma, secondo voi, cosa ci sarà dietro a questa anomalia distruggi ognicosapossibileeimmaginabile?
Ci sentiamo la settimana prossima.
LLAP🖖🖖
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