Alien: Romulus

Alien: Romulus

Titolo originale:
Alien: Romulus

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2024
Regia: Fede Álvarez
Sceneggiatura: Fede Álvarez, Rodo Sayagues
Produttore: Ridley Scott, Michael Pruss, Walter Hill
Casa di produzione: 20th Century Studios,

Interpreti e personaggi

Cailee Spaeny: Rain Carradine
David Jonsson: Andy
Archie Renaux: Tyler
Isabela Merced: Kay

 

Spike Fearn: Bjorn
Aileen Wu: Navarro
Trevor Newlin: Xenomorfo
Robert Bobroczkyi: Offspring

di Gabriele Manenti

Ambientato tra il primo e il secondo capitolo della saga questa pellicola che rimane a se stante e non sarà la prima di molte a detta dei produttori, ma ” mai dire mai” è un concentrato di citazioni e rimandi che sono tutt’altro che forzati ma piacevolmente ben inseriti.

La protagonista Rain parte insieme a un gruppetto di amici per il recupero di un relitto fluttuante nello spazio, ma per loro sfortuna proprio quel vascello tempo addietro recupera nello spazio circostante la Nostromo, si quella nave… un bozzolo fluttuante che conteneva uno xenomorfo.

Potete immaginare come continui la storia però il regista riesce a gestirla dando ampio respiro al rapporto tra i protagonisti e il loro desiderio di sfuggire ad una realtà asfissiante e cupa fatta di lavoro e stenti, il tutto rappresentato da atmosfere all Gigger,
chiariscuri e tenebre che nascondo tutto e fanno esaltare le luci ei colori saturi della pellicola in maniera quasi alienante,
rappresentando un tipo di fantascienza già conosciuta, vedi Atmosfera Zero su tutti, che non risulta stucchevole ma accomodante.

La voglia di riscatto e di ribellione allo status quo è il classico canovaccio che da il via alla storia, che pur non essendo originale diverte e non annoia e solo sul relitto si svela aumentandone il ritmo.

Le dinamiche e la fotografia sul vascello sono quelle che fanno da firma al franchise, ombre, sagome e colpi di scena con
sistemi di condotti d’aria, manganelli stordenti, sensori di movimento, un sintetico morto, dei lanciafiamme e una buona dose di “splatter computer graphic” ed effetti old school un chiaro omaggio alla pellicola originale di Ridley Scott.

Quindi?

Ci sono gli xenomorfi, un equipaggio da fare a pezzi, la Nostromo, la “Corporation” e una eroina cazzuta, direi che la ricetta nella sua semplicità è riuscita facendomi venir voglia di un rewatch della saga!
Ovviamente escludo i Prometeus e il suoi sequel, troppo distanti a mio parere dal vero dna del franchise.

Fallout

Fallout

Titolo originale:
Fallout

Lingua originale: Stati Uniti d’America
Paese: USA
Anno: 2024
Ideatori: Geneva Robertson-Dworet, Graham Wagner
Produttore: Jonathan Nolan, Lisa Joy, Geneva Robertson-Dworet, Graham Wagner, Athena Wickham, Todd Howard, James Altman, Margot Lulick, James W. Skotchdopole
Casa di produzione: Kilter Films, Big Indie Pictures, Bethesda Game Studios, Amazon MGM Studios
Trasmissione ITA: Amazon

Interpreti e personaggi

Ella Purnell: Lucy MacLean
Aaron Moten: Maximus
Kyle MacLachlan: Hank MacLean
Moisés Arias: Norm MacLean
Xelia Mendes-Jones: Dane
Walton Goggins: Cooper Howard/il Ghoul

 

 

di Gabriele Manenti

Uno show post-apocalittico che narra le vicende di Lucy, Ella Purnell cresciuta nel Vault 33, uno dei tanti rifugi antiatomici costruiti dalla Vault-Tec oltre 200 anni fa al fine di preservare lo spirito di adattamento dell’America pre-Grande Guerra, che non ha mai conosciuto la vita al di fuori delle sue impressionanti mura di acciaio e cemento.

Lucy è costretta a esplorare la superficie alla ricerca del padre scomparso ed è decisamente impreparata per un’avventura nella California distrutta che la attende fuori dal caveau.
E’ il modo in cui la Purnell riesce a portare sullo schermo un personaggio ottimisticamente ingenuo che è fonte di molte battute, ma soprattutto è il punto di partenza di un arco narrativo coinvolgente: vivere in un mondo di bugie e di inganni dove la vita è a buon mercato.
Sebbene Fallout abbia dei cattivi ben disegnati che si nascondono nell’ombra, il vero antagonista è la terra desolata stessa che ti abbatte, ti mastica e chiede sempre di più.

“La guerra. La guerra non cambia mai”.
È la frase con cui ogni episodio ludico della serie di giochi di ruolo Fallout, si apre da ormai 26 anni

Ogni episodio racconta la propria storia dall’inizio alla fine – come l’incontro di Lucy con il raccoglitore di organi o l’incontro con una salamandra gigante mutante, anche se queste sono chiaramente parti minori di un insieme più grande, funzionano comunque come storie soddisfacenti a sé stanti. In altre parole, la serie è strutturata come una catena di missioni RPG, pur sempre da un video gioco è ispirata la serie, che donano di ritmo diverso rispetto a molte altre serie in streaming.

Una delle sfide più grandi che Fallout ha dovuto affrontare è stata quella di trasformare il mondo dei giochi in un universo live-action. Grazie ad Amazon e ai suoi “big money” e a talentuosi designer di produzione, Nolan, Joy e gli showrunner Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner hanno fatto un lavoro ammirevole. Si tratta di un’apocalisse molto reale, piena di stranezze colorate e con la colonna sonora dei migliori successi degli anni Cinquanta. Ogni spazio è pieno di personalità, in gran parte dovuta alla sorprendente attenzione ai dettagli di tutti gli oggetti, le armi e l’iconografia tipica del videogames ma soprattutto di quegli anni.
Le bottiglie di Nuka Cola riempiono gli scaffali, i personaggi si curano con gli stimpack e il Vault 33 è praticamente perfetto centimetro per centimetro, fino agli interruttori di emergenza. Non è necessario conoscere i giochi per apprezzare il lavoro svolto, ma se lo si conosce c’è molto da amare, l’armatura T-60 della Confraternita d’Acciaio per lo più reaizzata da prop maker con pochi effetti digitali è una vera chicca

Le storie di Fallout sono in grado di catturare l’umorismo, la satira e di dare il giusto peso all’argomento della serie, il tutto senza appoggiarsi a una storia preesistente. Avrebbe potuto essere una replica in live-action di personaggi e scene già viste, si pensi ad Halo di Paramount+, invece è una storia fresca ed essenziale che utilizza il mezzo televisivo per arricchire l’universo di Fallout per i fan più accaniti e per dare il benvenuto ai nuovi spettatori.

Ben costruito, i protagonisti viaggiano attraverso trame collegate tra loro che portano a un epilogo emozionante, brillante e divertente, pieno di battute cupe e di esplosioni ultraviolente, Fallout si colloca insieme a The Last of Us tra i migliori adattamenti di videogiochi mai realizzati.

Rebel Moon

Rebel Moon

Titolo originale:
Rebel Moon
Part one: A child of fire

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: Zack Snyder,Shay Hatten, Kurt Johnstad
Produttore: Zack Snyder, er, Wesley Coller, Eric Newman, Deborah Snyder
Casa di produzione: Grand Electric, The Stone Quarry
Trasmissione ITA: Netflix

Interpreti e personaggi

Sofia Boutella: Kora
Michiel Huisman: Gunnar
Charlie Hunnam: Kai
Djimon Hounsou: Generale Titus
Staz Nair: Tarak Decimus
Doona Bae: Nemesis
Ray Fisher: Darrien Bloodaxe

 

Cleopatra Coleman: Devra Bloodaxe
E. Duffy: Millius
Jena Malone: Harmada
Ed Skrein: Atticus Noble
Fra Fee: Balisarius
Ingvar Eggert Sigurðsson: Hagen

di Gabriele Manenti

Nulla di nuovo sul fronte occidentale… Snyder non si discosta neanche un millimetro da quel canone che noi tutti associamo alle “space opera” chiare le ispirazioni ad Asimov, Dune, Blade Runner ed altro, ovviamente pur non essendo un prodotto scadente, non ci si avvicina minimamente.
La storia inizia con un contesto rurale dove la voce narrante descrive un universo governato da un brutale totalitarismo, un potere feudale corrotto in un mondo governato “dai mille re” fino all’insurrezione con il conseguente sterminio della casa reale e l’ affermarsi di un “regime dispotico”.
Su una luna , una comunità di contadini che professano il “vero lavoro a mani nude” festeggiano il raccolto in una grande festa ma vengono interrotti dall’ arrivo di un’astronave dell’ impero, costituito dopo la caduta dei regnanti, che occupano con la violenza le loro terre. Kora (Sofia Boutella), un membro di alto rango di quello stesso esercito, si è nascosta in quella comunità dopo la diserzione ma da li a poco non riesce a sopportare tutto quel male e quella violenza e decide di radunare una squadra di combattenti da tutta la galassia per proteggere la sua patria adottiva. (magnifici 7 portami via…)

Boutella interpreta una personaggio molto forte e arcigno ma capace di esprimere fragilità e fascino e i punti forti della pellicola finiscono qui, il resto della crew non è assolutamente presentata ed integrata a dovere nella storia, sembrano capitati sul suo percorso, anche se la storia ci racconta altro;

il lavoro di Snyder è sotto tono, una sceneggiatura banalotta e raffazzonata, una storia annacquata che non rispetta i presupposti iniziali e nemmeno le riprese “alla Snyder” e le immagini di battaglia al rallentatore che non sono mai all’altezza di Watchmen, Justice League o Sucker Punch danno un po’ di brio al tutto.

Originariamente presentato come progetto per una nuova trilogia di Guerre Stellari, e non considerato, è una fievole copia di quest’ultimo ma non del tutto da scartare, il cast, la fotografia e le atmosfere che fanno parte della nostra cultura fantascientifica ne fanno comunque un prodotto gradevole, se mai faranno il seguito vale la pena dargli una possibilità.

The Marvels

The Marvels

Titolo originale:
The Marvels

Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Nia Da Costa
Sceneggiatura: Nia DaCosta, Megan McDonnell, Elissa Karasik
Produttore: Kevin Feige
Casa di produzione: Marvel Studios
Trasmissione ITA: Sky Atlantic

Interpreti e personaggi

Brie Larson: Carol Danvers / Captain Marvel
Teyonah Parris: Monica Rambeau
Iman Vellani: Kamala Khan / Ms. Marvel

 

Zawe Ashton: Dar-Benn
Gary Lewis: Imperatore Dro’ge
Park Seo-joon: Principe Yan

di Gabriele Manenti

Carol Danvers più umana di quello che ci si aspettasse, in questa pellicola fa i conti con se stessa e le conseguenze delle sue azioni sul pianeta Hala, ovvero la distruzione della Suprema IA che lo governava.

Il pianeta sta morendo e spinge la brava ma poco credibile controparte Dar-Benn, interpretata da Zawe Ashton, sopravvissuta alla guerra civile Kree a cercare nuovo sostentamento rubando “l’essenza” di pianeti vicini tra i quali la nuova casa dei Skrull… che tanto per cambiare saranno vessati ancora una volta, né Carol Danvers né Nick Fury faranno qualcosa di concreto e veramente definitivo per loro.

Questa è la storia in back ground, mentre in “superficie” si dipanano oltre a quella di Capitan Marvel anche quelle delle altre due protagoniste che portano avanti, seppur in maniera slegata e a volte caotica le proprie story line per degli epiloghi, dopo i titoli di coda, molto importanti.
Monica Rambeau (Teyonah Parris) è brillante e audace come sempre e Ms. Marvel (Iman Vellani) ruba prevedibilmente la scena con lunghe e godibili sequenze action e quella capacita sopratutto mimica di farti ridere e sorridere, e ricordiamolo i fumetti servono anche a questo.

Il più grande punto di forza di The Marvels è sicuramente l’ensemble, ma la comicità è al secondo posto un team-up per fermare un piano di vendetta intergalattico, una principessa disney (più di questo non dico) una famiglia strampalata, il mentore Nick Fury e la mascotte, direi che come “dotazione” standard siamo più che a posto.

Personalmente accetto che ci siano delle parti narrative leggere e a volte stupide, ma in questo film andiamo un po’ oltre, la storia è sempliciotta e i puzzle narrativi paralleli sono strani, sciocchi o superflui, se non inutili.
Non parlo di flop ma si è andati ben lontani da quello che poteva essere il vero senso della pellicola, un episodio di una sitcom con quel non so che di imbarazzo che ti fa stare li fino alla fine per vedere dove ci si spinge e quale limite si son posti sceneggiatori e regista.

Black Adam

Black Adam

Titolo originale:
Black Adam

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2022
Durata: 125 min
Regia: Jaume Collet-Serra
Sceneggiatura: Rory Haines, Sohrab Noshirvani, Adam Sztykiel
Casa di prod.: DC Films, New Line Cinema, Warner Bros. Pictures
Distrib. (Italia): Warner Bros.

Interpreti e personaggi

Dwayne Johnson: Teth-Adam / Black Adam
Aldis Hodge: Carter Hall / Hawkman
Noah Centineo: Albert “Al” Rothstein / Atom Smasher
Sarah Shahi: Adrianna Tomaz
Marwan Kenzari: Ishmael Gregor / Sabbac / Re Ahk-Ton
Quintessa Swindell: Maxine Hunkell / Cyclone
Pierce Brosnan: Kent Nelson / Dottor Fate

 

Gabriel Chavarria: predicatore
Steve Zahn: Scimmia cattiva
Judy Greer: Cornelia
Terry Notary: Rocket
Roger R. Cross: capitano

di Gabriele Manenti

Dwayne “The Rock” Johnson interpreta un potente campione dell’antichità che ritorna nel presente con un atteggiamento ben lontano dagli eroi che conosciamo;
Black Adam, il cui vero nome è Teth-Adam è un uomo dell’Antico Egitto ridotto in schiavitù, scelto (?) dal mago Shazam come suo campione a cui conferisce grandi poteri per diventare paladino degli oppressi.
Ma il suo cuore oscurato dalla vendetta non è puro e per questo lo stesso mago per punizione lo imprigiona per millenni fino a quando, liberato fortuitamente da dei mortali, deve confrontarsi con i supereroi del presente per capire che sono le nobili azioni e il sacrificio a fare di un uomo un eroe.

 

L’intero film sembra essere stato realizzato qualche decennio fa, prima dell’età d’oro dei film supereroistici come Il cavaliere oscuro o Iron Man, risulta goffo e abbozzato come un “Hulk di Eric Bana” o un “The Punisher” (non quello con Dolph Lundgren mi raccomando!).
Il cattivo di turno è insipido e l’eroe “anti eroe” è più ottusamente spettacolare che caratterizzato, un opaco riflesso di quello che è in realtà il personaggio della carta stampata.

 

Johnson interpreta Black Adam in maniera granitica e imponente come dovrebbe essere ma mancante di quelle sfacettature che lo caratterizzano, che in un film delle origini dove vi sono dei comprimari come Dottor Fate, Hawkman, Atom Smasher e Cyclone più personaggi di contorno e un villain insipido non hanno trovato la giusta collocazione.

Come si dice: il “troppo storpia”!?

Le premesse c’erano tutte, la serie a fumetti della JSA (Justice Society of America) con Black Adam è una delle più belle ed interessanti della DC, in quanto mostrava come il suo senso della giustizia, molte volte brutale e senza vie di mezzo, facesse rivalutare anche agli eroi più integerrimi il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Questo film che non si rifà a quei fumetti cerca comunque di riproporre quel tema e di fatto, “la moralità dei supereroi” è il fulcro della storia: eroi e cattivi, bene e male, ma queste tematiche sfociano nel qualunquismo e il vero protagonista della pellicola è “Capitan Ovvio”.

La personalità magnetica di Johnson non basta a far stare a galla questa pellicola che risulta frettolosa nella narrazione e piena di scene d’azione ripetitive, banali e visivamente troppo caotiche per poi indugiare sui stravaganti modi brutali che il protagonista adotta nelle sue “distratte” esecuzioni e ammettiamolo, avere 10 minuti di “un dio che uccide persone mortali con fulmini e saette” è abbastanza noioso anche per un “fumettone su pellicola”, per fortuna le scene d’azione degli altri eroi compensano la noia del resto.

A mio giudizio un’occasione mancata, l’ennesima per casa DC, i fasti di Man of Steel e la Snyder’s Cut hanno abituato il nostro palato a ben altro e ne vogliamo ancora; “Meh! Adam” è un freddo antipasto che vogliamo scordare subito aspettando una pietanza più succosa.